Indipendenza della magistratura

massima: è consigliato ai datori di lavoro di non fare mai la denuncia di infortunio, di non fare mai intervenire il 113 o il 118, di concordare sul da farsi con gli UPG della ASL che fanno la visita  e di ignorare l'art.18 dello statuto dei lavoratori. Ci pensano i giudici, esenti da ogni colpa, a coprire anche la colpa dei CTU.

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PAG PRECEDENTE

 

 

LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA D’APPELLO:

(…) l’essiccatoio è alimentato a gas metano, che viene addotto tramite un tubo di colore giallo, del tipo di quelli usati per utilizzo domestico; l’asciugatura avviene attraverso la combustione del gas, la quale dà vita a prodotti di combustione, che devono essere portati all’esterno poiché contengono anidride carbonica (CO2) e monossido di carbonio (CO); nel caso di specie, la combustione del gas produceva fumi di scarico che erano portati all’esterno da un tubo in metallo che fuoriusciva dall’essiccatoio e che scaricava fuori dall’edificio; la lavanderia era attigua alla stireria alla quale era addetta la Lan (i due locali comunicano attraverso una porta; teste Pez).

Prima di procedere oltre, è necessario sgombrare il campo da ogni questione circa possibili fughe di gas metano, ipotesi che l’appellante ha pure sostenuto nel corso del giudizio di primo grado, accanto a quella dell’intossicazione da CO. Sebbene risulti che la lavoratrice, poco prima di sentirsi male, riferisse di sentire odore di gas, tuttavia l’istruttoria ha escluso qualsiasi fuga di gas. Infatti, come dichiarato da tutti i testimoni, il tubo giallo di adduzione del gas era perfettamente inserito e nessuno dei numerosi presenti, accorsi al momento del malore, ha avvertito alcun odore di gas (si ricordi che il gas metano è, per ragioni di sicurezza, fortemente odorizzato) (…) dalla ricostruzione dell'evento, come emerge dall'istruttoria e spedita, si ricava che molte persone sono rimaste presenti nel luogo ove dovrebbe essere avvenuta la presunta intossicazione e nessuno ha lamentato alcun disturbo, né quel giorno ne nei giorni precedenti; in particolare è rilevante il fatto che la collega Ber, che lavorato con la Lan sin dall’inizio del turno, non abbia accusato alcun malore. Né il fatto che durante il turno la Ber si sia recata ai reparti per portare la biancheria appare sufficiente per ritenere che gli effetti dell’ipotizzata intossicazione possano essere stati totalmente annullati dai brevi spostamenti della lavoratrice;

gli accertamenti tecnologici sopradescritti, benché eseguiti successivamente all'episodio, hanno evidenziato adeguati ventilazione ricambio di aria nei locali ed emissione di CO, che eventualmente sarebbe uscito dal tubo mal collegato, al massimo di 11 ppm, ben al di sotto dei livelli che sono ritenuti necessari per avere un quadro di intossicazione negli esposti. Ed invero, il sopralluogo effettuato dal Dipartimento di Prevenzione dell’ASL nell’immediatezza del fatto ha riscontrato che l’ambiente aveva tutte le prescritte areazioni (teste Ar, funzionario ASL), limitandosi a prevedere l’uso di una fascetta metallica da applicare sul tubo di scarico, senza formulare alcuna contestazione né redigere alcun verbale.

Sulla base di tali considerazioni il consulente d'ufficio ha affermato: «non si ritiene che quanto lamentato dalla paziente possa essere riferibile ad intossicazione da CO, che verosimilmente non è avvenuta. In ogni caso, anche nell'ipotesi che ci sia stata un'esposizione eccessiva, i valori estrapolati non sono così elevati da configurare un quadro di intossicazione tale da portare alla sintomatologia lamentata, dopo l'episodio e attualmente, dalla sig.ra Lan.”

Preliminarmente si fa osservare che:

1- L’infortunio, segnalato dal Pronto Soccorso ospedale S. B di C è stato riconosciuto dall’INAIL e confermato ( causa n……) dalla giudice dr.ssa Monica Bertoncini. E’ annotato sul registro degli infortuni tenuto da C S ed è certificato dal medico competente sul libretto sanitario della sig.ra Lan

Ma la stessa giudice nega l’evidente e dimostrato infortunio nel procedimento civile di primo grado. Sono costretti a negarlo anche i giudici d’Appello per poterne negare le conseguenze.

2- E’ la stessa CS, costretta dalla denuncia effettuata all’INAIL da parte del PS di C, ad effettuare i controlli che avrebbe dovuto effettuare l’UPG Dr. Ar, allertato dal PS di C.

E comunica tali accertamenti all’INAIL, ma con un mese di ritardo. I medici del PS e di medicina che mi avevano in cura, non ne sono venuti a conoscenza. Di seguito i documenti:

a In riferimento alla vostra richiesta del 05\03\2007 e di pari oggetto della seguente, si comunica quanto segue: un anello del tubo collettore che conduce i gas di scarico dell’essiccatoio della lavanderia all’esterno della struttura è stato trovato, subito dopo l’avvenuta segnalazione dell’infortunio,  staccato dalla sua sede e quindi l’essiccatoio che poco prima era in funzione ha sicuramente riversato una quantità non precisata di fumi di scarico nell’ambiente circostante. (… la società che si occupa della manutenzione delle caldaie M-B S.. Ha effettuato l'analisi dei fumi di scarico (comprensivi anche dei prodotti dell'essicazione della biancheria) dell'essiccatoio in parola. Si allega documentazione “.

L’analisi dei fumi, eseguita 15 giorni dopo l’infortunio, dimostra: che il macchinario funzionava al 50,2% in eccesso di aria 23,4 λ ed emetteva 218,3% ( 218.300 ppm) di CO nei fumi secchi.

Mentre ditta esterna certificava (allegato 13) sostituzione guarnizione rame diametro 1\2 pollice, il giorno08\02\2007, ossia il giorno dopo l’infortunio. Causa la perdita di metano.

b- Ed anche la “descrizione dell’infortunio: la dipendente riferisce di essere stata intossicata per inalazione gas. In particolare dove è avvenuto l’infortunio? In lavanderia. Che tipo di lavorazione stava svolgendo? Controllo lavatrici. Cosa è successo di imprevisto per cui è avvenuto l’infortunio? La dipendente dichiara che il tipo collettore perdeva. In conseguenza di ciò che cosa è avvenuto? La dipendente dichiara di avere inalato gas. In datore di lavoro era presente? No. Se no, ritiene che la descrizione corrisponda a verità? Si.”

c- Allegata alla documentazione è anche la dichiarazione dell’ing. Cali che i locali della lavanderia sono a norma. Ma questo non significa che anche l’impianto fosse a norma e che vi fosse l’agibilità all’uso.

Tali documenti sono agli atti. La Suprema Corte, con la sentenza n. 8611 del 6 febbraio 2013, ha sostenuto che la confessione può essere ricavata anche dalla denuncia di infortunio presentata all'Inail al momento del sinistro.

3- Il tutto non avrebbe avuto seguito, se non fosse comparsa la sindrome post intervallare. E dal punto scientifico le conseguenze da intossicazione possono comparire anche mesi dopo la stessa. Come dimostrato dagli ausiliari del CTU, prof. A. Moretto: La dinamica degli eventi mostra infatti l’esistenza di un legame temporale (criterio cronologico) con il presupposto evento lesivo e lo sviluppo dei sintomi, le alterazioni cognitive e del timismo (depressione e labilità emotiva;Weaver 2009) secondarie all’avvelenamento da detta sostanza potendo insorgere anche a distanza di otto mesi dall’evento, a configurare la cosiddetta sindrome neurologica ritardata o sindrome post intervallare (Vezzani 2007, Min 1986, Choi 1984)

4- CTU prof. A. Moretto, incaricato dal giudice di confermare o negare le conseguenze derivate dall’infortunio di intossicazione da monossido, afferma:  «non si ritiene che quanto lamentato dalla paziente possa essere riferibile ad intossicazione da CO, che verosimilmente non è avvenuta. In ogni caso, anche nell'ipotesi che ci sia stata un'esposizione eccessiva, i valori estrapolati non sono così elevati da configurare un quadro di intossicazione tale da portare alla sintomatologia lamentata, dopo l'episodio e attualmente, dalla sig.ra Lan. Fondando le sue convinzioni su false testimonianze, su dati assenti o alterati, su inesatte citazioni tecnico-scientifiche e su errori giuridici, arrivando, addirittura, a negare l’infortunio.

Afferma la scienza medica allo stato attuale: “La valutazione neurologica del paziente collaborante, qualora le circostanze lo consentano, dovrebbe comprendere l’impiego di adeguati test neuropsicometrici, unico strumento diagnostico in grado di consentire una misura funzionale del danno indotto da CO. Viene a tale scopo utilizzata una batteria di 6 test che aiutano a rilevare fini disfunzioni delle funzioni corticali superiori (disgrafia, disfasia, agnosia e disprassia), difficilmente rilevabili con la visita medica standard.” ( Myers RA, Britten JS. Are arterial blood gases of value in treatment decisions for carbon monoxide poisoning? Critical Care Medicine 1989;17:139-42., Messier LD, Myers RAM. A neuropsychological screening battery for emergency assessment of carbon monoxide poisoned patients. Journal of Clinical Psychology 1991;47:675-84, Rottman SJ. Carbon monoxide screening in the ED. American Journal of Emergency Medicine 1991;9:204-5.)

E non era nella possibilità del ginecologo dr. Schi medico primo soccorritore, né dei medici del PS,  né dei medici che mi hanno seguito durante il ricovero, non avendomi sottoposta a tali test, rilevare tali disfunzioni conseguenti l’intossicazione. Nonostante i segni premonitori quali la cefalea e la difficoltà alla marcia, il rallentamento psicomotorio riscontrati durante il ricovero e la sintomatologia descritta quali la cefalea, nausea vomito, semi deliquio, difficoltà alla visione descritti in varie testimonianze del momento acuto.

Come verrà dimostrato nel seguente scritto. Il quanto ha comportato, per i giudici,  il vizio di omessa e insufficiente motivazione della sentenza”.

5-  Da ricordare che:

a- non è stata attivata la procedura d’ufficio, prevista dalle norme infortunistiche e penali; violando la Direttiva Procura in materia di tutela della pubblica Incolumità nel impiego del gas combustibile ( circolare n.34\2000 Procura della Repubblica presso Tribunale Ordinario di Milano e neppure delle NUOVE DIRETTIVE IN MATERIA DI DIRITTO PENALE DEL LAVORO del PROCURATORE DELLA REPUBBLICA AGG. Dott. Francesco DETTORI Procura della Repubblica presso la Pretura Circondariale di Milano ) sostituendosi al Pretore, impedendogli di attuare quelle procedure d’ufficio per l’inchiesta, che il pretore doveva compiere (Art. 56 ed art.65 della legge n.1124) , sia per la fuga di gas metano e monossido, sia per l’inabilità assoluta superiore ai 30 giorni conseguita, e che avrebbe consentito di fotografare la situazione nell’immediatezza dell’infortunio prima che le prove potessero essere inquinate.

b- Il Primo medico soccorritore pur avendomi sottoposta per oltre tre ( 3) ore ad ossigenoterapia, (antidoto dell’intossicazione da monossido) controllando emoglobina ossigenata nel sangue con l’ossimetro più volte, non ha emesso referto alcuno, in violazione dell’'art. 334 C.P.P,  non ha chiesto il consenso informato al trattamento, non ha fatto denuncia e non ha allertato il 118. ( Deposizione in primo grado dello stesso)

c- L’UPG dr. Arri allertato dal Pronto Soccorso non esegue un sopralluogo ne controlli tecnici. Non risulta infatti nel data base dell’ASL la segnalazione della sua uscita.

d- Il tubo non era “mal collegato” come afferma il giudice, ma del tutto staccato, come conferma la stessa rappresentante legale di C S. E dal tubo fuoriusciva una % altissima di monossido, come certificato dalla prova dei fumi. E il tempo di O2 terapia, è stato di 3,30 ore, come segnalato sulla cartella clinica del ricovero.

e- Il tubo mal collegato era il tubo del metano dell’altro essiccatoio.

f- Dapprima hanno negato l’infortunio. Poi hanno negato l’ossigenoterapia. Quindi hanno minimizzato il tutto, anche con false testimonianze.

6 -  Il  tutto ha comportato una mancanza di dati certi. Ma non si può inventare una nuova categoria di prova liberatoria nella responsabilità contrattuale, che finirebbe per escludere la prova della responsabilità ogni qualvolta non venga attivata una corretta procedura di intervento in caso di infortunio sul lavoro, motivo per il quale, la prova non possa essere data.  Infatti a causa del comportamento ascrivibile a C S (che ha comunicato un mese dopo all’INAIL la dinamica dell’infortunio, motivo per il quale i sanitari del Pronto Soccorso ed i medici che mi hanno seguito durante il ricovero sono rimasti all’oscuro, e, motivo anche per il quale l’UPG Arri non esegue un controllo e non redige un rapporto), mancano i dati riguardanti i ppm ambientali e la COHb delle colleghe, i test neuro- psicometrici e causa l’opposizione di Casa Serena alla richiesta, manca una ctu ambientale di un impianto che era in contrasto con le norme di cui al DM 7 giugno 1973 (approvazione e pubblicazione delle tabelle UNI-CIG di cui alla L. 6 dicembre 1971 n. 1083) per la sicurezza degli impianti a gas di petrolio liquido per uso domestico.

Il difetto di accertamento causato da parte di C S, che voleva nascondere l’infortunio, e tale sarebbe stato se non fosse insorta la sindrome post intervallare, non può essere invocato per escludere il nesso di causa effetto, ( cass. N. 12103\00 e cass. N. 3847\11)  perché tale accertamento l’avrebbe non solo potuto, ma dovuto compiere.

D'altronde, qualunque diversa conclusione, compresa quella sostenuta dal CTU, qui denunciata, finirebbe per precludere la prova di responsabilità tutte le volte che in caso di infortunio non sia attivata una procedura corretta di intervento e con esso una mancanza di dati. Quindi la perizia del CTU prof. Angelo Moretto risulta logicamente viziata e così anche la relativa motivazione a sostegno.

FUGA GAS METANO E VALUTAZIONE TESTIMONIANZE:

Riguardo la fuga di gas metano è da rilevare che non esistevano, in lavanderia di C S, protocolli di controllo tubazioni e macchinari, né giornalieri, né settimanali, né mensili, né annuali; né esisteva un libretto di centrale di un essiccatoio funzionante a metano situato in una lavanderia che sviluppava oltre 90.000 KW. Ed è stato appunto l’odore di metano, che è stato negato, il solo motivo per il quale abbiamo controllato i tubi, accorgendoci che il tubo scarico fumi di un essiccatoio era scollegato e che il raccordo metano dell’altro essiccatoio perdeva metano.

Da evidenziare che il malore è insorto dopo che i tubi erano stati sistemati e che i tubi non sono stati controllati perché mi sono sentita male; non viceversa.

Afferma il giudice nella sentenza di cui sopra: “Infatti, come dichiarato da tutti i testimoni, il tubo giallo di adduzione del gas era perfettamente inserito”.

Smentito dalla testimonianza della stessa  rappresentante legale di CS, alla giudice dr.ssa Monica Bertoncini in primo grado: Dal verbale di causa 14 ottobre 2009 (n.1305\09 RG) “ Avanti Dott.ssa Monica Bertoncini la convenuta, sentita liberamente dichiara (…) ho saputo che il tubicino del metano era correttamente inserito, solo la fascetta era un po’ allentata, invece il tubo di scarico dei vapori era leggermente staccato, per cui è stato inserito dal cuoco. ”.

Mentre ditta esterna certificava (allegato 13) sostituzione guarnizione rame diametro 1\2 pollice, il giorno08\02\2007, ossia il giorno dopo l’infortunio, il che giustificherebbe quanto affermato dalla sig. M. Ber nel file fonico presente nel CD-ROOM, pag. 8 minuto 17:34, presentato in primo grado, ma non preso in considerazione: “ ti avrò detto spegni, ma è la solita vampata di metano, ma non c’era odore di metano, io non lo sentivo, non posso dire.) " A pag 6 della trascrizione fonica della sig.ra Pez,  minuto registrazione vocale 11:46: Il blu usciva un po’ di metano”. Ed il bianco aveva staccato il tubo.”

Ma tali testimonianze non sono state per nulla prese in considerazione; motivandolo  “che dal tubo emissioni fumi non esce metano”; motivazione stupidamente ovvia che svela l’obiettivo perseguito di nascondere la fuga di metano. Per tutti deposizione UPG. dr. Arri in primo grado: “(…) I prodotti di combustione di una caldaia a gas, a cui l'essiccatoio può essere assimilato, vanno portati all'esterno perché contengono CO2 ed anche CO, però non fuoriesce metano puro come tale.”

Il solo testimone importante mai interrogato, A S, e non più soggetto a pressioni dal datore di lavoro, conferma in testimonianza scritta, che si sentiva un forte odore di metano. ( documento agli atti). A questo proposito si rileva che i giudici d’Appello sono stati indotti a violare l’art. 437 comma  2, dal CTU prof. A. Moretto: avendo, la sottoscritta, in appello formulato istanza ex art.437 comma 2 cpc affinché venisse escussa la testimonianza di S A. ( Sentenza delle sezioni unite 20 aprile 2005 n.8202 riguardo l’ammissione della prova, ispirato alla ricerca della “ verità materiale” cui è doverosamente finalizzato il rito del lavoro.)

E, se pur non si trattasse di nuova prova ai sensi dell’art. 437 cod. proc. Civile, vi è comunque la  violazione art.360 cod. proc. Civile comma n.4 per mancata annessione di mezzo di prova, e n. 5 per vizio di motivazione e n.3 per conseguente violazione di legge.

E la richiesta di escutere il teste AS, anche se formulata tardivamente, ha dei motivi assoluti:

1- era compito della ASL, delegata dal PM Maria Esposito ad indagare in penale, l’identificarlo.

2- Non potevo chiedere, per ovvi motivi a CS, l’indirizzo, visto il comportamento della stessa.

3- Non ero in grado di reperirlo, sia perché non lo conoscevo, sia per la mia condizione psichica.

E tale testimonianza era rilevante e decisiva perché dimostrava, associata ad altri motivi quale la fascetta stringitubo, la mansione cui ero adibita… sia la falsità delle altre testimonianze, sia la presenza di gas asfissiante

Prof Moretto, oltre non aver tenuto in considerazione tale testimonianza, in atti dell’appello, altera  colposamente, nella sua perizia, per escludere la fuoriuscita di gas metano, l’affermazione della dott.ssa Far riportato in cartella clinica del ricovero, "  affermando:” Il medico del P.S. contatta la dr.ssa Far della tossicologia di Bergamo che esclude intossicazione da gas metano e ritiene i livelli di carbossiHB (COHb) misurati alle 13.08 sostanzialmente nella norma trattandosi di paziente fumatrice; suggerisce comunque O2 terapia a 6-8 lt/min per 3 ore, e quindi dimissione.”

Dal verbale di pronto soccorso: "Riferito dispersione di metano alle 9 stamane con perdita di coscienza, vomito già effettuato O2 prima dell'accesso in PS per circa 3 ore. 

Segnalazione di intossicazione da monossido: " permangono segni di intossicazione da monossido dopo 3,30 ore di O2. "

Si contatta la dottoressa Far tossicologia di BG : gas metano unicamente asfissiante, non dosabile, rapidamente eliminato dal pz, fumi incombusti contenenti scarsa quantità di CO, dosaggio carbossiHB a 3 ore sostanzialmente nella norma in pz fumatrice…utile O2 terapia a 6’8 litri minuto quindi dimissione...

e, come anche testimoniato dal UPG Arri dinanzi la giudice d.ssa Monica Bertoncini “ Nel frattempo ero stato contattato anche da una dottoressa del centro antiveleni, anch’essa contattata

dal P.S. , la quale però non aveva sufficienti elementi a disposizione per fare una ipotesi e non riusciva a trovare altre spiegazioni, se non quella della fuga di gas a seguito del parziale distacco del tubo.” 

Dr.ssa Far non ha escluso né l’intossicazione da metano, né l’intossicazione da monossido dopo 3 ore di ossigeno terapia.

Anzi, come riferisce l’UPG Arri, non aveva sufficienti elementi a disposizione per fare una ipotesi e non riusciva a trovare altre spiegazioni, se non quella della fuga di gas.

E nella stessa situazione si sono ritrovati i medici del Pronto Soccorso ed i medici che mi hanno seguito durante il ricovero, non avendo, C S, e neppure , l’UPG dr. Arri, fornito loro informazioni.

La presenza di gas metano ed altri gas associata al monossido era un dato importante, come confermato a pag 5. RAPPORTI ISTISAN 04\23:  “ …in condizioni di ipossia il CO (monossido di carbonio) si sposta prevalentemente nel compartimento extravascolare con formazione di carbossimioglobina (ipossia cellulare)”.

E nella pubblicazione del luglio 1995 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità al punto 8.1.7.2 come: “tali effetti sono stati dimostrati essere sinergici, per cui esposizioni simultanee a concentrazioni non letali di CO2 (1,7 a 17,3%) e a subletali di CO (2500 a 4000 ppm) causano la morte della cavia in pochi minuti. Infatti il tasso di formazione di COHb era 1,5 volte maggiore in un’esposizione a CO e CO2 rispetto all’esposizione al solo CO” [Environmental Health Criteria for Carbon Monoxide, World Health Organization, Geneva, Svizzera luglio 1995.

Prof A. Moretto ignorando quanto, ed ignorando anche la testimonianza di S che riferisce l’affermazione apparentemente senza senso del medico di pronto soccorso “non ho mai sentito puzzare cosi tanto il sangue”) e dando credito, acriticamente, alla dichiarazione dr. Schiatt ( “ ricordo un’intensa tachicardia, ma non ho rilevato sintomi che potessero indurmi a supporre una condizione di pericolo di intossicazione da gas né segni meningei(…)

A mio avviso non ritengo che la sintomatologia della signora Lan. potesse riferirsi ad una ipossigenazione per intossicazione da monossido o anitride carbonica. I parametri al saturimetro, il dato obiettivo sui riflessi anche oculari erano nella norma; vi era solo tachicardia e riflessi rotulei molto vivaci, nonché uno stato di prostrazione senza peraltro perdita di conoscenza. “, ignorando inoltre quanto da lui affermato nella stessa SIT “ era in preda ad intensi conati di vomito e un semi-deliquio.” (All.15 ASL) 

affermavail dato di normalità”,  riportato dal dr. Schiatt, mentre ha correttamente portato alla esclusione di intossicazione da gas metano, nulla ci dice sulla presenza di CO e COHb”,

smentito dagli esami di laboratorio eseguiti al Pronto Soccorso Ospedale S. B di C ( vedi pag.14);

Ignorando che le EEG (come dallo stesso prof. A.Moretto affermato) possono comparire anche mesi dopo la stessa.

Mentre “la valutazione neurologica del paziente collaborante dovrebbe comprendere l’impiego di adeguati test neuropsicometrici, unico strumento diagnostico in grado di consentire una misura funzionale del danno indotto da CO. Viene a tale scopo utilizzata una batteria di 6 test che aiutano a rilevare fini disfunzioni delle funzioni corticali superiori (disgrafia, disfasia, agnosia e disprassia), difficilmente rilevabili con la visita medica standard.” . ( Myers RA, Britten JS. Are arterial blood gases of value in treatment decisions for carbon monoxide poisoning? Critical Care Medicine 1989;17:139-42., Messier LD, Myers RAM. A neuropsychological screening battery for emergency assessment of carbon monoxide poisoned patients. Journal of Clinical Psychology 1991;47:675-84, Rottman SJ. Carbon monoxide screening in the ED. American Journal of Emergency Medicine 1991;9:204-5.) 

Induceva la Corte Territoriale ad una sentenza illogica con violazione dell’articolo 360 cod. proc. Civile commi n.1-3-4-5 per omessa ed insufficiente motivazione; e, sotto il profilo casuale per la violazione dei criteri di riparto dell’onere della prova, causa l’insignificanza di tale falsa testimonianza, recepita acriticamente dal CTU prof. A. Moretto.

Si evidenzia che nella perizia sono state del tutto ignorate le seguenti critiche del ctp dr. Ugo Pani:

“ così come devono opportunamente essere soppesate le dichiarazioni della Lan e se si vuole anche dello S, analogamente devono essere valutate adeguatamente le dichiarazioni di altri testimoni, in quanto tutt’ora dipendenti della casa di cura, o del dott. Schiatt, Direttore Sanitario (che visitò per primo la pz e le face applicare l’O2, facendo portare da un inserviente le bombole) la cui posizione è obbiettivamente conflittuale con la ricerca di verità dei fatti, ed al quale non possono non essere censurati i comportamenti: mancata certificazione diagnostica e delle cure prestate alla Lan, omessa denuncia INAIL; resistenze alla richieste di “dimissione volontaria” della pz, per tornare a casa o per potersi recare in PS per essere curata. Fu proprio la condotta del primo medico intervenuto dr. Schiatt a complicare grandemente la possibilità di fare a posteriori diagnosi certa di quanto capitò presso i locali della lavanderia. Se avesse attivato tempestivamente il 118, avremmo dei dati clinici riconducibili alle h9 di quella mattina, anziché alle h 13 (ora di arrivo al PS di C ), ma prevalse la azione di “depistaggio” della sospetta intossicazione trattenendo la Lan  forse anche contro volontà, comunque senza effettuare tempestivamente le doverose certificazioni e denunce obbligatorie. Eventuale valida sua descrizione della condotta clinica doveva essere redatta contestualmente all’evento vale a dire il 07.02.07”

A tal quesito il CTU prof A.Moretto rispondeva nel suo elaborato che:

“Il CTU (…) non si è invece espresso sul comportamento degli intervenuti perché non richiesto, né utile alla ricostruzione dei fatti”.

E, come verrà dimostrato nella seguente memoria, era fondamentale per la ricerca della “ verità materiale” cui è doverosamente finalizzato il rito del lavoro, il valutarle, perché avevano una influenza decisiva e non solo rilevante, sull’esito del giudizio fornendo “ un contributo decisivo all’accertamento della verità materiale che conduceva ad un esito necessario della controversia. “( cfr Cass civi. Sez. lavoro 9 settenbre 2013 n. 20614)

Il non averlo fatto ha indotto la Corte Territoriale ad una sentenza illogica con violazione dell’articolo 360 cod. proc. Civile commi n.1-3-4-5 per omessa ed insufficiente motivazione; e, sotto il profilo casuale la violazione dei criteri di riparto dell’onere della prova, per l’insignificanza di tali false testimonianze, recepite acriticamente dal CTU prof. A. Moretto.

Dalla logica della sentenza emerge la totale obliterazione di elementi che avrebbero portato ad una diversa decisione, ( cass. Civile sez. unite 25 ottobre 2013 n.24148) in assenza di motivazione per la mancata escussione del teste A S, della testimonianza S, delle trascrizioni presenti nel CD-ROOM e della valutazione delle testimonianze, della documentazione INAIL ( cfr Cassazione Civile sezione II 31 gennaio 2013 n.2299.) in violazione dell’art.54, comma 1, lettera B del DL 22 giugno 2012 convertito nella legge 134\2012 per omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, che sono stati oggetto di discussioni tra le parti”, oltre che insufficiente ascientifico ed illogico. In particolare si rileva il vizio di cui alla norma sopracitata, per mancata ed insufficiente esame da parte del ctu, degli atti in causa di fatti da me prospettati e rilevabili d’ufficio.

FUGA GAS MONOSSIDO E SINDROME POST INTERVALLARE:

Si evince, dalla sentenza e dai richiami fatti alla consulenza tecnica d’ufficio, che gli elementi atti a confermare o meno la causa e l’esistenza di una sindrome post intervallare da intossicazione da monossido di carbonio, in presenza di una rilevazione tardiva e dopo ossigenoterapia, di COHB, si sarebbero potuti trarre dall’emo-gas-analisi delle colleghe ( prevista dai protocolli e linee guida riguardanti l’intossicazione da monossido) subito dopo l’avvenuto infortunio, e, o dalla rilevazione ambientale di CO in ppm ( a sua volta prevista in caso di intervento in ambiente chiuso con dispersione di gas e monossido). Dati che si sarebbero avuti se fosse stata attivata una corretta procedura per l’infortunio sul lavoro da parte di C S.

In effetti, uno degli elementi considerati dal CTU e recepiti nella sentenza, è costituito dal fatto che nessuna delle colleghe testimonia di essersi sentita male. Tuttavia tali affermazioni, oltre che essere state smentite, non sono supportate da accertamenti tecnici e non possono escludere con certezza che non ci sia stata la possibilità di intossicazione da monossido, disperso, dal tubo staccato di una caldaia difettosa, nell’ambiente.

Ed il CTU non ha per nulla escluso che ne ricorresse la necessità, nonostante la letteratura medica internazionale affermi che di fatto, mentre pazienti con livelli di COHb del 30-40% possono essere asintomatici, altri con livelli fra 10 e 20% possono essere in coma. ( Cramlet SH, Gorman Ha. Ventricular function following acute carbon monoxide exposure Journal of Applied Physiology 1975; 39:482-6; Gandini C, Candura SM, Polillo C, et al. Delayed Cardiac syndrome after carbon monoxide poisoning: a case report. XII Congresso Nazionale della Società Italiana di Tossicologia, Bologna 23-26 febbraio 2000:76).

Infatti, di là della falsa ricostruzione e delle false testimonianze, le suddette colleghe, così come anche gli pseudo-soccorritori, non sono stati sottoposti ad un prelievo ematico per la determinazione della COHb e non si può escludere con assoluta certezza che gli stessi non possano essere stati intossicati dal monossido che è un gas inodore. Motivo per il quale il dato citato dal prof. Angelo Moretto ed utilizzato dai giudici nella sentenza, per escludere l’avvenuta intossicazione da monossido di carbonio non poteva e non può essere usato a sostegno di tale tesi.

Altro elemento considerato dal CTU e recepito in sentenza e, che sarebbe stato fondamentale  a confermare o escludere causa ed effetto, è la determinazione dei ppm ambientali di CO.

Scrive il giudice: ”gli accertamenti tecnologici sopradescritti, benché eseguiti successivamente all'episodio, hanno evidenziato adeguati ventilazione ricambio di aria nei locali ed emissione di CO, che eventualmente sarebbe uscito dal tubo mal collegato, al massimo di 11 ppm, ben al di sotto dei livelli che sono ritenuti necessari per avere un quadro di intossicazione negli esposti.”

Non è stata fatta rilevazione ambientale alcuna, nonostante sia prevista dalla legislazione in materia in caso di intossicazione da monossido e dai protocolli medici riguardanti l’accertamento di intossicazione da monossido di carbonio, motivo per il quale neppure questo dato poteva e può essere portato a sostegno della tesi sostenuta dal giudice e dal prof. A. Moretto.

Di contro la prova dei fumi dimostra che il macchinario funzionava al 50,2% in eccesso di aria 23,4 λ ed emetteva 218,3% ( 218.300 ppm) di CO nei fumi secchi, ben superiore ai 25 ppm permessi dalla legge in ambiente lavorativo ( 28 aprile 2002 D.M. 60\02) ed ai 1000ppm nei fumi di scarico.( la norma tecnica UNI10389 indica un valore massimo della concentrazione di CO, che può essere scaricato in atmosfera dai camini degli impianti di riscaldamento. Detta norma precisa che il valore della concentrazione limite di CO ( pari a 1000 ppm 0,1% v|v) deve essere riferito alle condizioni di prodotti della combustione secchi e senza aria. ), tale documento, citato dal CTU, è agli atti. Vedi inoltre perizia CENED e risposta Procuratore consulenze ambientali presentata con la denuncia)

E’ del tutto evidente che anche nella trattazione tecnico scientifica non medica, il CTU prof. Angelo Moretto si dimostra del tutto incompetente ed illogico. Ignorando la stechiometria, la legge di diffusione dei gas, le norme uni-cig, il CTU Prof. Moretto esegue una CTU ambientale virtuale, inducendo i giudice di merito in errore.

Afferma il CTU (Pag. 14 considerazione sull’ambiente di lavoro. ): “Un controllo della combustione sugli essiccatoi della lavanderia eseguiti il 21\02\2007 hanno dimostrato 11 ppm nei fumi di combustione.”  Premesso che non esiste altro dato di rilevazione ambientale di CO, il citato documento dimostra l’assoluta incapacità del prof Moretto di leggere la prova dei fumi agli atti e la falsificazione dei dati in esso contenuti. A pag.16 punto 3 afferma: “  Inoltre gli accertamenti tecnologici (…) hanno evidenziato (…) emissioni di CO, che eventualmente sarebbe uscita dal tubo mal collegato, al massimo di 11 ppm, ben al di sotto dei livelli che sono ritenuti necessari per avere un quadro di intossicazione negli esposti.” Peggiora la sua voluta incompetenza a pag 4 allegato 4:

“Per la precisione, il documento citato non si esprime sul rendimento energetico del macchinario.

Peraltro, il fatto che la caldaia avesse o meno un rendimento energetico conforme alla legge, nulla ci dice sulle emissioni di CO in termini di rischio per la salute. Quanto, invece dimostrano i certificati è che la concentrazione di CO nei fumi di combustione era intorno ai 10 ppm, ben lontano dai livelli che possono causare effetti tossici sui soggetti esposti… Il CTU ha considerato il documento citato; il fatto che il macchinario potesse essere non conforme dal punto di vista del rendimento energetico, non porta come necessaria conseguenza che emettesse concentrazioni di CO pericolose per la salute, come per altro dimostrato dall’analisi dei fumi di combustione…Un controllo della combustione sugli essicatoi della lavanderia eseguiti il 21.2.2007 hanno dimostrato 2-11 ppm CO nei fumi di combustione in uscita dall’essicatore… si segnala che i livelli anomali di CO in aria ambiente sono da considerarsi quelli superiori a 35 ppm…per confronto, nel fumo inalato da un fumatore il contenuto di CO è 2.000- 45.000 ppm.”

Il dato di 11 ppm citato dal prof. Angelo Moretto è falso. Non esiste agli atti alcun documento tecnico che lo attesti.

Oltretutto tale affermazione è anche ininfluente dal punto di vista scientifico, considerando che nel rapporto ISTISAN 04\23 dell´ISTITUTO SUPERIORE DI SANITA, citando l´ultima monografia dell´OMS dedicata al CO e studi epidemiologici, viene evidenziato:  “ che anche a basse concentrazioni ambientali di CO di 1,2 ppm, suggerendo l´assenza di un livello soglia nei soggetti con precedente diagnosi di aritmia e o cardiopatie, si ha l´inibizione del citocromo a3 a livello mitocondriale che blocca la catena respiratoria a livello tissutale generando il danno identificato come sindrome post intervallare.”

E, la sottoscritta, sig.ra Lan, è affetta da prolasso della mitrale e tachiaritmie in terapia con betabloccante, e da allora non ho più avuto crisi lipotimiche, che il CTU Prof. Moretto insinua possa aver avuto parlando di perdita di coscienza.

Scrive il giudice: “ la lavanderia era attigua alla stireria alla quale era addetta la Lan (i due locali comunicano attraverso una porta; teste Pez). Anche questo elemento preso in considerazione per allontanarmi dal luogo dell’infortunio, dove invece sono rimaste le mie colleghe, a loro dire, è stato falsificato: infatti non risulta dal mio libretto di lavoro che io fossi adibita a tale mansione. Io ero addetta alla lavanderia.

E per legge ogni mutamento di mansione deve essere visionato e confermato dal medico competente. E’ testimoniato anche dalla stessa rappresentante legale all’INAIL: “ Che tipo di lavorazione stava svolgendo? Controllo lavatrici.”

Ed anche dal punto di vista scientifico ( legge della diffusione dei gas) è del tutto ininfluente, se non addirittura un aggravante, visto che l’ambiente di stireria è più piccolo e poco areato.

Altro importante elemento preso in considerazione dal CTU prof. Angelo Moretto, e recepito dalla sentenza, è quello che segue: “Ed invero, il sopralluogo effettuato dal Dipartimento di Prevenzione dell’ASL nell’immediatezza del fatto ha riscontrato che l’ambiente aveva tutte le prescritte areazioni (teste Arri, funzionario ASL), limitandosi a prevedere l’uso di una fascetta metallica da applicare sul tubo di scarico, senza formulare alcuna contestazione né redigere alcun verbale.

Dalla testimonianza Dr. Arri:” Ho verificato successivamente che si trattava di un essiccatoio che funziona a metano, per cui ha un tubo di uscita dei fumi simile a quello delle caldaie. Da questo tubo esce il fumo di combustione del metano. I fumi delle caldaiette sono tutti tossici, contengono gas di vario tipo. (…) I prodotti di combustione di una caldaia a gas, a cui l'essiccatoio può essere assimilato, vanno portati all'esterno perché contengono CO2 ed anche CO, però non fuoriesce metano puro come tale. Dovrebbe uscire CO2 e una bassa percentuale di monossido, non saprei indicare quanto.”.  La percentuale di monossido di carbonio in genere aumenta quando la caldaia si trova in un ambiente poco areato oppure la combustione non funziona bene per problemi di manutenzione della macchina. La Casa di Riposo aveva messo un nastro per evitare il distacco, io ritenni più corretto da un punto di vista tecnico una fascetta in metallo, considerato che, secondo quanto mi riferirono, era impossibile fissarla a terra.  (Dal libretto di installazione si evince il contrario)

Il nastro venne adottato solo in seguito all'evento. Prima non c'era. Non c'era cappa di aspirazione. Non mi sono fatto consegnare i libretti di manutenzione della caldaia. “

L’UPG dr. Arri, afferma il giudice, si limita “ a prevedere l’uso di una fascetta metallica da applicare sul tubo di scarico”, ma neppure questa testimonianza è stata presa in considerazione, considerando che i testimoni hanno tutti affermato, mentendo, che tale fascetta esisteva già.  Per tutti:

( Sommarie informazioni Schiatt):Il tubo di scarico era posizionato leggermente di sbieco pur mantenendo le fascette che lo avvolgevano. “

Il cuoco Zili afferma (SIT): “Il tubo non si era staccato, ma si era spostato dalla sua sede per via delle vibrazioni. Ho aperto la fascetta, l’ho rimesso nella sua sede, e ho chiuso la fascetta.”

L’UPG Dr Arri, allertato dal pronto soccorso, non ha segnalato la sua uscita e non si è recato sul luogo dell’infortunio neppure “nell’immediatezza del fatto” il giorno stesso, ma il giorno successivo e non ha eseguito nessun controllo tecnico. Oltre non aver chiesto i libretti di centrale, ( che non esistono) non ha neppure, e non avrebbe potuto, redigere un verbale essendo la sua, una visita di cortesia.

Non risulta infatti nel data base dell’ASL la segnalazione della sua uscita. E, l’aver individuato una finestrella non dimostra assolutamente che sia il locale lavanderia\stireria, sia l’impianto fossero a norma.

A sua volta lo stesso Dipartimento di Prevenzione della ASL, delegato dal PM Maria Esposito in sede penale di indagare, due anni dopo l’avvenuto infortunio, era in conflitto di interesse essendo lo stesso che avrebbe dovuto controllare C S e che sarebbe dovuto intervenire dopo la segnalazione di infortunio per dispersione gas metano e monossido da parte del PS dell’Ospedale di C. E neppure sono presenti nell’indagine penale i documenti dell’indagine dell’ispettorato del lavoro, documenti che non sono riuscita né a vedere, né ad avere in quanto mi vengono negati non conoscendo il numero di pratica.

In realtà non è stato effettuato controllo alcuno da parte della ASL e neppure risulta sia stata presa in considerazione la mia testimonianza riguardo la canna fumaria: i fumi di emissione non sono stati incanalati nel foro previsto, ma in quelli predisposti per una eventuale cappa di aspirazione, alterando tutto il sistema di ventilazione.

Infatti la prova tecnica dei fumi eseguita 14 giorni, su commissione di C S, dopo l’infortunio, depone per la necessità di fornire all’essiccatoio un eccessivo eccesso di aria lambda, per poter farlo funzionare, annullando quanto dichiarato dal giudice:” gli accertamenti tecnologici sopradescritti, benché eseguiti successivamente all'episodio, hanno evidenziato adeguati ventilazione ricambio di aria nei locali adeguati ventilazione ricambio di aria nei locali,”e dimostra la produzione di 218.300 ppm monossido. Il cattivo funzionamento potrebbe anche essere dovuto al diverso calibro delle tubazioni oltre che dalla mancata manutenzione.

Continua il giudice: ”Sulla base di tali considerazioni il consulente d'ufficio ha affermato: «non si ritiene che quanto lamentato dalla paziente possa essere riferibile ad intossicazione da CO, che verosimilmente non è avvenuta. In ogni caso, anche nell'ipotesi che ci sia stata un'esposizione eccessiva, i valori estrapolati non sono così elevati da configurare un quadro di intossicazione tale da portare alla sintomatologia lamentata, dopo l'episodio e attualmente, dalla sig.ra Lan.”

Intanto, non è dato di desumere dalla sentenza e dalla CTU in  oggetto, nemmeno richiamandosi alle precedenti consulenze tecniche, alcuna spiegazione plausibile per la presenza della gliosi cerebrale e per la presenza di sintomatologia assimilabile alla sindrome post intervallare ed ascrivibile ad una intossicazione da monossido di carbonio.

L’errore logico-giuridico sta nel fatto che il CTU non esclude la sintomatologia, ma erra sul riparto dell’onere della prova e motiva l’eziopatogenesi alternativa, al fine di confermare la correttezza del giudizio di esclusione del fattore causale non individuando una o più cause alternative assolutamente certe ed idonee ad escludere qualsivoglia efficienza causale, con cause insignificanti ed omissioni. ( Principio di casualità efficiente. Cfr. Cass. N.25028\08, n.12103\09.)

Scientificamente parlando, la gliosi è segnale di un avvenuto insulto ipossico cerebrale ed il monossido di carbonio è causa certa di sindrome post intervallare.

E la sottoscritta, come anche confermato dagli ausiliari dello stesso prof. A. Moretto, non era predisposta e non aveva patologie fisiche e psichiche in atto, concordanti con l’attuale patologia.

Pertanto, visto che era stato demandato ai CTU di primo grado e di appello nominati dal tribunale, l’accertamento di una patologia e o causa che spiegasse la mia situazione di malattia compatibile con la sindrome post intervallare da intossicazione da monossido di carbonio sul lavoro, per escludere l’infortunio, i suddetti avrebbero dovuto motivarla sia per quanto riguarda la sua preesistenza, la  sua persistenza, la sua causa o escluderla.

Riporto qui di seguito in parte la consulenza, nella parte  psichiatrica (psichiatra dott. Garbarini e psicologa dott.ssa Zugno) che ritengono invece che la lavoratrice deve ritenersi affetta:

“(omssis). Il Disturbo Neuro-Cognitivo Lieve (Disturbo Cognitivo NAS)  è  una categoria diagnostica proposta dal DSM-IV-TR che comprende quei quadri clinici che sono caratterizzati da una disfunzione cognitiva presumibilmente dovuta agli effetti fisiologici diretti di una condizione medica generale. Per effettuare questa diagnosi, il deficit del funzionamento cognitivo deve essere evidenziabile da test neuropsicologici o da valutazioni cliniche quantificate e accompagnato da segni obiettivi di una condizione medica generale sistemica o di una disfunzione del sistema nervoso centrale (nel caso in esame la circoscritta zona gliotica evidenziata alla RMN, per quanto il Disturbo Neuro-Cognitivo Lieve possa spesso presentarsi senza alterazioni specifiche alle tecniche di visualizzazione cerebrale). (omssis). La severità del quadro clinico attuale appare superiore rispetto a quella prevista …. gli accertamenti svolti hanno infatti evidenziato la presenza …... Detto dei disturbi della periziata, il quadro clinico in esame può essere compatibile con l’ipotesi eziologica di una intossicazione da monossido di carbonio la cui conferma tuttavia necessita di riscontri obiettivi di pertinenza medico-legale. La dinamica degli eventi mostra infatti l’esistenza di un legame temporale (criterio cronologico) con il presupposto evento lesivo e lo sviluppo dei sintomi, le alterazioni cognitive e del timismo (…;Weaver 2009) secondarie all’avvelenamento da detta sostanza potendo insorgere anche a distanza di otto mesi dall’evento, a configurare la cosiddetta sindrome neurologica ritardata o sindrome post intervallare (Vezzani 2007, Min 1986, Choi 1984). La signora Lan inoltre non è un soggetto con una storia personale o familiare positiva per la presenza di disturbi …, circostanza che rende scarsamente probabile l’esistenza in lei di una vulnerabilità costituzionale allo sviluppo di tali patologie avvalorando l’ipotesi di un possibile fattore causale di tipo ambientale, ne esistono obiettivabili testimonianze pre-morbose della preesistenza di ….. Le alterazioni cognitive osservate, infine, appaiono di maggiore entità rispetto a quelle solitamente presente nei quadri di … e sono accomunabili a quelle più frequentemente riscontrate nei quadri di intossicazione da monossido (omissis). Il quadro clinico in esame deve essere considerato ormai cronico, considerata la persistenza dei sintomi a distanza di circa cinque anni dalla loro comparsa, nonostante trattamenti intrapresi, congrui per posologia e principio attivo. Qualora venisse confermata in sede medico-legale la natura esogena da intossicazione delle condizioni della perizia, queste configurerebbero un danno biologico di natura psichica permanente valutabile nell’ordine del 16-18%....”

Mentre la mancanza di una diagnosi alternativa certa da parte del CTU; la mancanza di una causa alternativa certa, che non può essere certamente una ipotetica sigaretta o la sindrome pre-mestruale (che non esistono affatto in letteratura scientifica medica come cause di sindrome post intervallare o di patologie assimilabili alla sindrome post intervallare e di gliosi), non spiegando quanto accertato dai suoi stessi ausiliari, oltre che aver falsificato la prova dei fumi, chiude il quadro logico del CTU prof. A. Moretto.

Come si evince dalla letteratura medica internazionale, e, come già dimostrato nella denuncia, i “valori estrapolati “ dal ctu prof. A. Moretto, oltre che essere frutto di errore di valutazione e di calcolo, sono carenti scientificamente ed anche ininfluenti (in questo specifico caso).

Il CTU ha disatteso anche le affermazioni della CTU dott.ssa Patrizia Ostir in primo grado ( allegato n.24 ) : “ DECORSO:  non risulta documentata la durata di somministrazione dell’ossigeno da parte del medico che ha soccorso dopo il riferito malore  l’interessata;

CONSIDERAZIONE MEDICO LEGALI: Risulta Effettivamente documentata un sconnessione del tubo collettore  che conduceva  i gas di scarico dall’essicatoio della lavanderia all’esterno della struttura, ma non si è in grado di comprendere da quanto ed in che quantità i fumi di scarico possano essersi riversati nell’ambiente circostante (prima  dello spegnimento dell’apparecchio) e l’effettivo grado di areazione dell’ambiente stesso al momento di verificazione del “guasto”, e quando effettivamente questo guasto si sia verificato.

(…) per quanto concerne il soccorso effettuato all’interno della struttura, la durata di somministrazione di ossigeno e la quantità somministrata, possiamo solo fare riferimento alle testimonianze rese dagli astanti),”

Mancano infatti dati certi riguardo l’infortunio e le sue conseguenze dovute alla “ documentata”  sconnessione del tubo di una caldaia mal funzionante ( vedi prova dei fumi), in assenza di manutenzione, in violazione delle norme anti infortunistiche, causa la non attivazione di una procedura d’intervento in caso di infortunio sul lavoro, impedendo l’intervento  del pronto intervento, dei vigili del fuoco che avrebbero potuto effettuare gli accertamenti del caso rilevando i ppm ambientali ed altro, affidando invece la soluzione dell’infortunio al direttore Sanitario di C S dr. Schiatt ed al cuoco Zili.

E mancano anche dati certi di ossigenazione ematica, nonostante l’uso del saturimetro o ossimetro, nonostante il proseguimento di ossigenoterapia per oltre 3,30. Infatti il ph arterioso, eseguito in ospedale, dimostra che ero ancora in ipossia. Questo a causa del comportamento del direttore Sanitario, Primo medico soccorritore che non ha emesso referto alcuno,  in violazione dell’'art. 334 C.P.P,  non ha chiesto il consenso informato al trattamento, non ha fatto denuncia e non ha allertato il 118. ( Deposizione in primo grado dello stesso) Impedendo l’accertamento di intossicazione da monossido e o da altri gas e di essere inviata in camera iperbarica per la terapia del caso, anche se non è del tutto certo scientificamente che mi avrebbe evitato l’insorgere della sindrome post intervallare.

L’avermi sottoposta ad ossigenoterapia è servito soltanto ad abbassare il livello di COHB ematica, ma non quella della CO tissutale, impedendo di rilevare l’avvenuta intossicazione da monossido e la possibilità di certificare mediante tale esame il nesso di causa effetto tra l’intossicazione da vari gas e l’insorgere della sindrome post intervallare.

La sentenza del 9 giugno 2011 n.12686 della Suprema Corte sezione III civile, afferma riguardo la ripartizione  dell’onere di prova che c’è una violazione dei criteri di riparto della prova, con violazione e falsa applicazione degli articoli 1218 e 2236 ed erronea impostazione della CTU e della sentenza quando l’azione e l’omissione siano in se stesse concretamente idonee a determinare l’evento.

Si potrebbe anche rilevare, al fine di valutare, sotto il profilo della sussistenza dell’elemento soggettivo, la condotta tenuta da dr. Schiatt che ebbe ad assistermi.

Sotto il profilo casuale ci sarebbe, invece, una violazione dei criteri di riparto dell’onere della prova per l’insignificanza di tale testimonianza recepita acriticamente dal CTU prof. A. Moretto.

E’ provato ormai senza alcuna ombra di dubbio, che dr. Schiatt ha continuato, pur avendo controllato la saturazione O2, l’ossigenoterapia, il che porta ad affermare che quantomeno fossi in ipossia, infatti nessun medico prosegue l’ossigenoterapia per ore quando i parametri di saturazione, controllati ripetutamente con l’ossimetro, danno valori nella norma, e non è giustificabile la motivazione “per prudenza,”cui il CTU prof. A. Moretto da credito per escludere l’ipossia: “ Da notare che, verosimilmente, il dr. Schiatta ha utilizzato un saturimetro (ossimetro o polsiossimetro) che non è in grado di differenziare l’ossiemoglobina dalla COHb, e quindi il dato di normalità riportato dal dr. Schiatt, mentre ha correttamente portato alla esclusione di intossicazione da gas metano, nulla ci dice sulla presenza di CO e COHb. “ 

La certezza, che dr Schiatta stia mentendo, oltre che da altre sue dichiarazioni, si ricava dagli esami eseguiti al Pronto Soccorso di C. 

Quando giungo al Pronto Soccorso Ospedale C, alle ore 13,00 del giorno 07\02\2007, dopo 3,30 ore di O2 terapia e 30 minuti di aria ambiente mi viene fatta l’emo-gasanalisi arteriosa che rivela che la emoglobina ossigenata ( la stessa rilevata da dr. Schiattareggia con l’ossimetro) era 93,5 ( valori normali 95-99%, ed il valore di 93,5 avrebbe richiesto un accertamento urgente… );  ero quindi ancora in ipossia tissutale dopo oltre tre ore di ossigeno, e soprattutto con bassa pressione parziale di O2 pari a soli 88mmHg. ( Pag.29 cartella clinica) 

Da rilevare, che essendo stata sottoposta ad ossigenoterapia, il valore dell’emoglobina ossigenata sarebbe dovuto essere oltre il 99%. Lo stesso esame eseguito il giorno dopo, in continuazione di erogazione di ossigeno terapia, da emoglobina ossigenata del 97,8%. (pag. 28 cartella clinica).

Il 3,7 di carbossiemoglobina è considerato un valore relativamente basso, ma considerato la contemporanea intossicazione da gas metano ed altri gas, considerato la cardiopatia, il tempo trascorso e l’ossigenoterapia, e soprattutto l’ipossia, confermata alla RMN encefalo che segnala la presenza di una gliosi, si è instaurato quel meccanismo caratterizzato dal rilevamento di COHb non molto elevata, ma con un maggior rischio di sequele a lungo termine. Come confermato a pag 5. RAPPORTI ISTISAN 04\23:  “ …in condizioni di ipossia il CO (monossido di carbonio) si sposta prevalentemente nel compartimento extravascolare con formazione di carbossimioglobina (ipossia cellulare)”.

Infatti il CO si combina non solo con l’emoglobina, ma anche con la mioglobina e la citocromossidasi, alterando cosi anche la capacità di captazione di ossigeno a livello dei mitocondri, con un meccanismo di competizione sul citocromo A3. ( Goldbaum LR, Ramirez RG, Absalon KG. What is the machanism of carbon Monoxide toxicity? Aviat Space Environ Med 1975; 46: 1289-1291) e Committee on Medical an Biologic Effects of Enviromental Polluatns. Carbon Monoxide. National Accademy pf Sciences, Washington DC, 1997.)

Tale fenomeno aiuta a capire la scarsa correlazione osservata fra la concentrazione ematica di carbossiemoglobina e la reale gravità dell’intossicazione. ( Somogyi E, Balogh I, Rubanyi G, Sotonyi PSzegedi L. New findings concerning the pathogenesis of acute carbon monoxide (CO) poisoning. Am J Forensic Med Pathol 1981; 2:31-39)

Il CTP fa osservare il dato di acidosi metabolica che da solo avvalora la tesi di intossicazione da monossido di grado severo: “A conferma comunque della gravità della intossicazione soprattutto tessutale e cellulare/mitocondriale è il dato relativo alla significativa acidosi metabolica rilevata alla emogas delle 13,08 con la evidenza di un BEecf pari a -3,0 mmol/l persistito patologico anche il giorno dopo a -1,3. (con iperventilazione di compenso e relativa ipocapnia) e soprattutto con bassa pressione parziale di O2 pari a soli 88mmHg. Di conseguenza Il danno tessutale /mitocondriale evidenziato da questi valori è significativo della importante gravità dell’avvelenamento. Esso è anche da solo coerente e predittivo della sindrome postintervallare che poi si è innescata. E’ da ricordare che a prescindere dai valori di O2 legato alla emoglobina per le alterazioni dell EME indotte dal CO che spostano la curva di saturazione dell’O2 con l’emoglobina, rendendo il diminuito O2 disponibile molto più difficilmente cedibile verso i tessuti : quindi meno O2 trasportato e soprattutto meno O2 disponibile per i tessuti perché meno cedibile dalla Hb evento che peggiora il quadro dei dati misurati alle emogas. Oltre a quanto detto si aggiungano i danni diretti del CO a livello mitocondriale col blocco/rallentamento della respirazione cellulare, eventi veramente responsabili della entità della intossicazione (correlati alla acidosi metabolica / tissutale: -->BE all’emogas) e del rischio di sviluppo della sindrome intervallare.”

Il CTU prof A. Moretto, senza inquadrarla come dato clinico di persona con prolasso mitralico, intossicata,  minimizza senza dare spiegazioni“Il ragionamento fatto dal CT si basa sull’assunto che ci sia stata intossicazione da CO. In ogni caso il dato relativo al deficit di bicarbonati non è particolarmente rilevante, trattandosi anche di un valore calcolato e non misurato. Inoltre, il quadro di acidosi metabolica compare per quadri di intossicazione da CO gravi con stato di coma. Per questo motivo, questo dato non deve essere sopravvalutato e non può essere portato a sostegno di una diagnosi di intossicazione da CO.”

Ma in letteratura medica, il riscontro di acidosi metabolica contribuisce alla definizione del livello di gravità dell’intossicazione ed è utile per l’indicazione al trattamento iperbarico.( Turner M, Esaw M, Clark RJ. Carbon monoxide poisoning treated with hyperbaric oxygen: metabolic acidosis as predictor of treatment requirements. Journal of Accident & Emergency Medicine 1999;16:96-8.)

Il CTU sostiene che il 07.02.2007 le EEG effettuate sulla sottoscritta fossero nei limiti della norma, dimenticando però che le conseguenze da intossicazione (come dallo stesso precedentemente affermato) possono comparire anche mesi dopo la stessa. La comparsa delle quali è anche il motivo per cui sono stata costretta ad aprire il procedimento penale.

Afferma la scienza medica allo stato attuale: “La valutazione neurologica del paziente collaborante, qualora le circostanze lo consentano, dovrebbe comprendere l’impiego di adeguati test neuropsicometrici, unico strumento diagnostico in grado di consentire una misura funzionale del danno indotto da CO. Viene a tale scopo utilizzata una batteria di 6 test che aiutano a rilevare fini disfunzioni delle funzioni corticali superiori (disgrafia, disfasia, agnosia e disprassia), difficilmente rilevabili con la visita medica standard.” ( Myers RA, Britten JS. Are arterial blood gases of value in treatment decisions for carbon monoxide poisoning? Critical Care Medicine 1989;17:139-42., Messier LD, Myers RAM. A neuropsychological screening battery for emergency assessment of carbon monoxide poisoned patients. Journal of Clinical Psychology 1991;47:675-84, Rottman SJ. Carbon monoxide screening in the ED. American Journal of Emergency Medicine 1991;9:204-5.)

E non era nella possibilità del ginecologo dr. Schiatt, medico primo soccorritore, ne dei medici del PS e di medicina, non avendomi sottoposta a tali test, rilevare tali disfunzioni conseguenti l’intossicazione, nonostante i prodromi della sindrome post intervallare, quali il rallentamento psicomotorio, la cefalea e la difficoltà alla marcia.

La perizia CTU prof. A.Moretto  non è concludente per escludere una avvenuta intossicazione da qualsiasi tipo di gas e o dalla loro associazione. Tale perizia non è per nulla significativa al fine di escludere la sofferenza ipossica ed istotossica, con riferimento all’accertamento del nesso di casualità tra il dedotto infortunio, la sindrome post intervallare e o l’ inadeguata assistenza ed i danni cerebrali da me riportati.

Che il tubo fosse nettamente staccato e non solo mal collegato è dichiarato dalla stessa C S all’INAIL. Riporto le testuali dichiarazioni, e, come limpido, si noti che non sono state riportate mie affermazioni:

“ In riferimento alla vostra richiesta del 05\03\2007 e di pari oggetto della seguente, si comunica quanto segue: un anello del tubo collettore che conduce i gas di scarico dell’essiccatoio della lavanderia all’esterno della struttura è stato trovato, subito dopo l’avvenuta segnalazione dell’infortunio,  staccato dalla sua sede e quindi l’essiccatoio che poco prima era in funzione ha sicuramente riversato una quantità non precisata di fumi di scarico nell’ambiente circostante. (… la società che si occupa della manutenzione delle caldaie MB S.n.c. Ha effettuato l'analisi dei fumi di scarico (comprensivi anche dei prodotti dell'essicazione della biancheria) dell'essiccatoio in parola. Si allega documentazione “.

E: “descrizione dell’infortunio: la dipendente riferisce di essere stata intossicata per inalazione gas. In particolare dove è avvenuto l’infortunio? In lavanderia. Che tipo di lavorazione stava svolgendo? Controllo lavatrici. Cosa è successo di imprevisto per cui è avvenuto l’infortunio? La dipendente dichiara che il tipo collettore perdeva. In conseguenza di ciò che cosa è avvenuto? La dipendente dichiara di avere inalato gas. In datore di lavoro era presente? No. Se no, ritiene che la descrizione corrisponda a verità? Si.”

La qualità dei fumi dimostrata dalla prova dei fumi eseguita da ditta esterna 15 giorni dopo l’infortunio e dimostra che il macchinario funzionava al 50,2% in eccesso di aria 23,4 λ ed emetteva 218,3% ( 218.300 ppm) di CO nei fumi secchi.

Tali documenti sono agli atti. La Suprema Corte, con la sentenza n. 8611 del 6 febbraio 2013, ha sostenuto che la confessione può essere ricavata anche dalla denuncia di infortunio presentata all'Inail al momento del sinistro.

Ed il CTU prof. A. Moretto aveva nelle sue possibilità di richiedere tali atti pubblici citati nel ricorso di Appello.

Il non averlo fatto ha indotto i giudici a violare l’art. 360 comma 1 n.4 cod. proc. Civile in relazione all’art. 112 dello stesso codice, per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. ( Cass. Civile sez. un. 25 marzo 2013 n.7381.)

Che il macchinario non fosse fissato a pavimento, come è possibile fare, vedi libretto istruzioni dello stesso, che il tubo di emissione fumi fosse staccato, non trattenuto dalla sua fascetta metallica che era inesistente, che l’essicatoio in questione produceva un’altissima % di monossido, che mancasse il libretto di centrale ed ogni altra documentazione riguardante agibilità ed altro, che il tubo giallo di connessione metano all’altro essicatoio, fosse allentato, è documentato in maniera certa.

Che non sia stato attivato il pronto intervento, né i vigili del fuoco, che non siano stati rilevati ppm ambientali, che non siano stati fatti prelievi ematici per la determinazione della COHb è documentato in maniera certa.

Che la durata dell’ossigenoterapia, dapprima negata e poi minimizzata, sul quale il CTU prof. A. Moretto ha eseguito i suoi calcoli, era di 3,30 ore e non di 2 ore, lo si poteva ricavare da una attenta lettura degli atti, e non è stato fatto.

Che non sia stata sottoposta a test psicometrici durante la degenza in ospedale, è documentato.

Che i testimoni abbiano testimoniato il falso, probabilmente una ricostruzione fatta a tavolino, è documentata.

Dalla registrazione fonica ( Pez) Donna 2 (Lan) - E poi sono stata là. Invece Mary dice che a mezzogiorno ero già via, che è venuta a salutarmi, ma che io ero già via.

Donna 1( Pez) - No no non andava via a mezzogiorno. (…)  - Sei andata via più tardi delle ore 12:30 .

Lo stesso orario h.12,30, lo testimonia SA che mi ha accompagnata al pronto soccorso. E la sua non è una testimonianza riportata ed il tempo di percorrenza per arrivare al Pronto soccorso non è più di trenta minuti. Che era stata effettuata O2 terapia per 3 ore. 3,30 ore è scritto anche in cartella clinica del Pronto Soccorso Ospedale.

Si evidenzia inoltre, nel contradditorio tecnico tra CTU e CTP, la volontà del CTU di negare le conseguenze dell’infortunio. Infatti il CTU non tiene in adeguata considerazione le critiche puntuali e dettagliate del CTP dr Pani che avrebbero condotto a conclusioni differenti a quelle raggiunte.

In particolare il CTU avrebbe dovuto adeguatamente confutare, senza limitarsi ad affermazioni apodittiche, la critica del ctp dr. Pani riguardo la falsità delle testimonianze,

la prova dei fumi… con assoluta certezza e, per essere super partes, avrebbe dovuto anche valutare la dispersione di gas metano ed altri gas, motivo per il quale anche una modica quantità di monossido avrebbe potuto causare sia la gliosi sia il danno da sindrome post intervallare.

Pertanto a fronte dei motivi oggetto alle critiche del ctp, specificatamente sulla significatività degli elementi anomali sia legali, sia tecnici che medici, il CTU deducente avrebbe dovuto escluderli con assoluta certezza individuando le possibili cause alternative del mio stato patologico, tali da risultare coerenti con ogni altra risultanza del caso.

Tali cause non potevano essere certamente la mancanza di dati certi e l’insinuare il dubbio di una sigaretta fumata o della sindrome premestruale come causa di gliosi o di sintomatologia assimilabile alla sindrome post intervallare.

Soltanto in presenza della puntuale confutazione critica si sarebbe avuta la positiva dimostrazione, della irrilevanza di un inadeguato comportamento di C S o per ritenere diligentemente effettuate le precauzioni infortunistiche del caso escludendo la causa effetto tra il certo avvenuto distacco del tubo di scarico con fuoriuscita di gas nell’ambiente e l’intossicazione da monossido.

Sotto il profilo casuale ci sarebbe invece una violazione dei criteri di riparto dell’onere della prova sia per l’insignificanza di prove e testimonianze recepite acriticamente dal CTU prof. A. Moretto, che non superano il vaglio del contraddittorio e della scienza, sia perché avrebbe dovuto applicare l’art.2050 nell’analisi del fatto. 

Si veda come la mancanza di dati certi e di una ctu ambientale è stata posta a fondamento di una perizia da parte del ctu prof. A. Moretto che ridonda a vantaggio di C S che invece quei dati avrebbe dovuto fornire.

In mancanza di tali dati idonei ad escludere con certezza sia la gliosi, sia l’avvenuta intossicazione da monossido di carbonio e dovendosi, invece, in mancanza di tali dati, presumere l’esistenza di una situazione in grado di provocare l’intossicazione ed il conseguente danno.

Risulta quindi viziata la motivazione, per erronea impostazione logica la CTU ed illogica anche la relativa motivazione. 

L’attività di lavanderia è anche configurabile come attività pericolosa ai sensi del codice civile (art. 2050) ed era a carico di C S la prova di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare l’infortunio ed il danno. C S oltre ad aver violato norme di legge ( prova negativa) non ha portato prove rigorose a dimostrazione di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare sia l’infortunio sia il danno (prova positiva).

Ed il Ctu deducente prof. a. Moretto ha ignorato quanto, colposamente, applicando l’art. 1218 cod. civile per il quale: "Secondo il costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità, la responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 cod. civ. è di carattere contrattuale, atteso che il contenuto del contratto individuale di lavoro risulta integrato per legge, ai sensi dell'art. 1374 cod. civ., dalla disposizione che impone l'obbligo di sicurezza e lo inserisce nel sinallagma contrattuale. Ne consegue che il riparto degli oneri probatori nella domanda di danno da infortunio sul lavoro si pone negli stessi termini dell'art. 1218 cod. civ. circa l'inadempimento delle obbligazioni, da ciò discendendo che il lavoratore il quale agisca per il riconoscimento del danno differenziale da infortunio sul lavoro deve allegare e provare l'esistenza dell'obbligazione lavorativa, l'esistenza del danno ed il nesso causale tra quest'ultimo e la prestazione, mentre il datore di lavoro deve provare la dipendenza del danno da causa a lui non imputabile e, cioè di aver adempiuto interamente all'obbligo di sicurezza, apprestando tutte le misure per evitare il danno. Non può essere posto a carico del lavoratore infortunato (in una situazione nella quale sono pacifiche l'esistenza dell'obbligazione lavorativa, l'esistenza del danno ed il nesso causale tra quest'ultimo e la prestazione) l'onere di indicare le misure che il datore di lavoro avrebbe dovuto adottare, la cui osservanza avrebbe impedito l'evento infortunistico.”

colposamente, avendo come obiettivo di escludere l’infortunio da intossicazione da monossido e la conseguente sindrome post intervallare, incorrendo in errori scientifici, logici, giudiziari. 

La consulenza deducente del CTU prof. A. Moretto ha fatto invece gravare sulla sottoscritta, impedendolo, l’onere della prova gravante  su C S per l’art. cod. civ. 2050. Ma, pur avendo applicato erroneamente l’art.1218, il ctu, nel e per negare sia la gliosi, sia la sindrome post intervallare, conseguenza dell’avvenuto infortunio di intossicazione da monossido di carbonio, in mancanza degli accertamenti tecnici e medico scientifici atti ad escludere sia la stessa, sia l’infortunio, incorre dolosamente, lo stesso, in falso in perizia.

Dovendo invece, in mancanza di tali accertamenti, obbligatori per legge, idonei ad escluderlo, presumere sia la gliosi, sia l’avvenuta intossicazione da monossido, sia la conseguente sindrome post intervallare. Il CTU ha argomentato l’assenza di un nesso eziologico tra la patologia da me lamentata (certificata dai suoi stessi ausiliari) ed il sinistro e, non si tratta di un mero dissenso diagnostico, ma di assenza assoluta di diagnosi da parte del prof. A. Moretto: “ Il CTU non ha ignorato il quadro sintomatologico, che il CT dr. Pani diagnostica come sindrome post intervallare. In accordo con gli ausiliari dr. Garbarini e dr.ssa Zugno, definisce quel quadro sintomatologico come compatibile con la sindrome post intervallare, ma non diagnostico, essendo compatibile con altri quadri patologici.”dimenticando di dire quali e di fare diagnosi. Dimenticandosi, anche, di dare una spiegazione plausibile della gliosi cerebrale, prima dell’infortunio, inesistente.

Non è dato neppure desumere dalla perizia, alcuna spiegazione plausibile riguardo la mia patologia, non è stata negata e neppure è stata esclusa con assoluta certezza la causa, ne è stata individuata una eziologia causa alternativa e coerente con tale patologia. Violando il giudizio di inconcludenza nell’affermare che non c’è stato un infortunio, o se c’è stato era insignificante, secondo le regole del riparto dell’onere di prova, non tanto e non solo sull’intossicazione da monossido ed altri gas, ma  sulla sussistenza della patologia, e sulla sua esclusione.

Infatti nessuna efficienza casuale e nemmeno con-causale, si può riconoscere in presenza di diversa causa idonea da sola a provocare la patologia di cui sono affetta: il distacco del tubo di una caldaia mal-funzionante, dal quale è fuori uscita una quantità imprecisata di gas contenente una % altissima di CO ed altri gas… ( Per la rilevanza del principio di casualità efficiente cass. 10 ottobre 2008 n. 25028; cass.13 settembre 2009, n. 12103).

Riguardo la diagnosi, accertata dagli ausiliari del ctu prof. A. Moretto, è un dato suscettibile di accertamento clinico in termini di norma, non probabilistici e trova applicazione il criterio secondo il quale deve ritenersi acquisita la prova del nesso casuale quando sussiste una adeguata probabilità sul piano scientifico di una risposta positiva.

 

Per escludere che tale diagnosi fosse idonea a dare prova di circostanze e fatti, prova il cui onere era di parte avversa in considerazione del fatto che non si trattava di smentire una documentazione completa, bensì di affermare, in presenza di una carente documentazione, sia la causa, sia la presenza della sindrome post intervallare o di negarla.

E non dubitando di tale patologia, ma solo negando il nesso eziologico, si doveva portare una alternativa univoca e certa. Mentre non è stata portata una o più cause a giustificazione certa. ( cass. N.25028\08, n.1\2103\09).

Invece dalla Ctu del prof. A. Moretto non è dato comprendere né quale sia la diagnosi né quale sia, seppure in termine di ragionevole probabilità, la causa. Il CTU viola e ed applica falsamente l’art. 2697, per negare, colposamente, l’intossicazione con insignificanti motivazioni, quando il procedimento logico da adottare per escluderla o confermarla era del tutto diverso.

Il ctu ha comportato da parte dei giudici la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2697 c.c,  ed erronea impostazione logica della sentenza, perché a causa di omissioni a lui stesso imputabili, la sentenza d’appello è incorsa in un ulteriore errar in iudicando, quanto all’individuazione del nesso di casualità, con riferimento all’individuazione diagnostica della mia patologia, sia della causa stessa.

Avendomi impedito di dimostrare la verità, mediante opposizioni e negazioni, doveva trovare applicazione il criterio secondo il quale deve ritenersi acquisita la prova di nesso casuale in quanto sussiste una adeguata alta probabilità  sul piano scientifico che l’intossicazione da monossido e da altri gas o in associazione, sia causa della sindrome post intervallare e della gliosi, pur nella non sua assoluta certezza eziopatogenetica ( cass.  19 gennaio 2011 n. 1135) essendo limitata la mia possibilità di identificare ex post quali siano i fattori causali che hanno concretamente determinato tale patologia cui sono affetta.

Tale patologia, a sua volta, ha comportato un illecito licenziamento in tronco, e l’impedimento di richiedere la pensione di inabilità alla mansione.

Il ctu ha violato ed applicato falsamente l’art.2797 c.c. comportando un erronea impostazione logica della sentenza perché ha inteso motivare l’insussistenza di un insulto anossico ( vedi gliosi) associato ad intossicazione da monossido, con argomenti, in questa memoria, scientificamente e giuridicamente smentiti; non individuando una eziologia tale da potersi qualificare come causa unica della patologia certificata dai suoi stessi ausiliari.

Il fatto è che, una volta accertato la presenza della sintomatologia assimilabile alla sindrome post intervallare, il distacco del tubo emissione fumi, le irregolarità dell’impianto funzionante a gas metano e la loro astratta rilevanza causale nella produzione dell’ossido di carbonio ed altri gas in grado di causare sia la gliosi che la sindrome post intervallare, ( principio di casualità efficiente, Cass. 10 ottobre 2008, n.25028) e poiché è vero che esso impianto era in contrasto con le norme di cui al DM 7 giugno 1973 (approvazione e pubblicazione delle tabelle UNI-CIG di cui alla L. 6 dicembre 1971 n. 1083) per la sicurezza degli impianti a gas di petrolio liquido per uso domestico, il giudice del merito avrebbe dovuto casualmente ricondurvi il sinistro per presunzione iuris (cass. 9 gennaio 1968 n. 40).

Non si può, infatti, inventare una nuova categoria di prova liberatoria nella responsabilità contrattuale, che finirebbe per escludere la prova della responsabilità ogni qualvolta non venga attivata una corretta procedura di intervento in caso di infortunio sul lavoro, motivo per il quale, la prova non possa essere data.

A causa del comportamento ascrivibile a C S (che ha comunicato un mese dopo all’INAIL la dinamica dell’infortunio, motivo per il quale i sanitari del Pronto Soccorso sono rimasti all’oscuro e, motivo per il quale l’UPG Arri non esegue un controllo e non redige un rapporto), mancano infatti i dati riguardanti i ppm ambientali e la COHb delle colleghe, manca una ctu ambientale, mancano i test psicometrici.

Il difetto di accertamento causato da parte di C S, che voleva nascondere l’infortunio, e tale sarebbe stato se non fosse insorta la sindrome post intervallare, non può essere invocato per escludere l’infortunio, perché tale accertamento l’avrebbe non solo potuto, ma dovuto compiere.

La sindrome post intervallare, conseguenza dell'intossicazione da gas, è stata documentata in seguito, dai test cui sono stata sottoposta in momenti diversi da diversi specialisti.

D'altronde, qualunque diversa conclusione, compresa quella sostenuta dal CTU, qui denunciata, finirebbe per precludere la prova di responsabilità tutte le volte che in caso di infortunio non sia attivata una procedura corretta di intervento e con esso una mancanza di dati.

La relazione del ctu prof moretto ha comportato per i giudici il vizio di omessa ed insufficiente motivazione della sentenza, cassabile in cassazione. “E’ principio consolidato affermato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione che nel giudizio in materia di accertamento medico legale, qualora il giudice di merito, si sia basato sulle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, affinché sia denunciabile in cassazione il vizio di omessa o insufficiente motivazione della sentenza, è necessario  che eventuali errori e lacune della consulenza, che si riverberano sulla sentenza, si sostanzino in carenze o deficienze diagnostiche, o in affermazioni illogiche o scientificamente errate.” ( Cass. 08\12\2010 n. 22707; cass. 12\01\2011 n. 569).

 Più specificamente è stato ribadito che nei giudizi in cui sia stata esperita una ctu di tipo medico legale recepita dal giudice, affinché i lamentati errori e lacune della consulenza tecnica determini un vizio di motivazione della sentenza denunciabile in cassazione, è necessario che i relativi vizi logico formali si concretino in una palese devianza dalle nozioni della scienza medica o si sostanzino in affermazioni illogiche o scientificamente errate, con relativo onere, a carico della parte interessata, di indicare le relative fonti, senza potersi la stessa limitare a mere considerazioni sulle prospettazioni operata dalla controparte, che si traducono in una inammissibile critica del convincimento del giudice di merito che si sia fondato, per l’appunto sulla consulenza tecnica. ( v. tra le tante, Cass. 25\08\2005 n. 17324.)

ed è dimostrato sia in denuncia, che in questa memoria, che le affermazioni scientificamente errate, le lacune e le carenze diagnostiche da parte del prof. A. Moretto, concretizzatosi in una voluta, ma palese devianza dalle nozioni della scienza medica e sostanziatesi in affermazioni scientificamente errate, hanno portato i giudici “al vizio di omessa e insufficiente motivazione della sentenza”.

LICENZIAMENTO

Si premette innanzitutto che un giudice, prima di giudicare, dovrebbe almeno conoscere lo stato giuridico della persona che ha davanti.  Invece di affermare che era una questione non posta prima. Da rilevare che dopo aver aperto la mia documentazione sanitaria, inviata al Medico Competente dalla Medicina del Lavoro dell’ospedale di B, da parte del dr. Schiattareggia, è stato deciso di affidarmi la mansione di stiratrice a rullo, pur sapendo che era destinata ad essere abolita per esternalizzazione del lavoro. Ma ci sono altri motivi evidenti:

1 - VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI NORME DEL DIRITTO ( art. 113 c.p.c., art. 33 d.lvo 165\01 e art 3 L.R. 1\2003 ) E VIOLAZIONE  CCNL. Denunciabile ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 4 in relazione all’art.112 del medesimo codice .

2 – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI NORME  CONTRATTUALI CCNL ( art.21 CCNL 06\07\1995 ed art. 13 CCNL 05\10\2001 – Diritto al preavviso ed al rifiuto di essere monetizzata.

3-  VIOLAZIONE D.Lgs. 626\94, art.17, COMMA 3) IL GIUDIZIO ALLA MANSIONE

4 - In caso di infortunio colposo, se il danno subito supera il 33% non potevano licenziarmi, e non  potevano neppure conteggiarmi nella  % degli invalidi avviati al lavoro.

1-  VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI NORME DEL DIRITTO

 

Premesso : C S è una Fondazione di diritto privato Onlus (senza scopo di lucro) ai sensi dell’art. 3 della Legge Regionale 13 febbraio 2003 n. 1 e riconosciuta con D.G.R. n. VII/…. del 06.2.2004.

Fino al 28.02.2004, questa R.S.A. era una I.P.A.B. (Istituzione pubblica di assistenza e beneficenza)

regolamentata dalla Legge 30.08.1962 n. 753 relativa al riordino delle Opere Pie e dalla Legge 17.07.1890 n. 6972, detta Legge Crispi, relativa all’istituzione delle I.P.A.B. e successive integrazioni, modificazioni e regolamenti.

Dal 2004 da casa di riposo che prestava assistenza a persone sia autosufficienti che non, si è trasformata in R.S.A. (Residenza Sanitario-Assistenziale) per il ricovero di persone parzialmente o totalmente non autosufficienti. Ed applica ai suoi dipendenti il CCNL Enti Locali.

La sig.ra Lan era stata assunta a tempo indeterminato in data ….\1979 con qualifica di 1 livello e mansione di inserviente per l’assistenza agli anziani ricoverati, da IPAB, successivamente trasformata, per intervento normativo, in Fondazione CS Onlus  istituto di diritto privato.

Le premesse dell’odierno contendere sono rappresentate dall’infortunio subito e dal licenziamento in tronco del ….2008 ai sensi dell’art. 3 della legge n.604\1996, non tenendo conto che l’instaurazione del rapporto d’impiego con l’IPAB, Casa di Ricovero, è avvenuto nel rispetto della disciplina prevista per l’accesso agli Impieghi Pubblici e considerato che pertanto lo status di dipendente pubblico acquisito dalla sig.ra Lan le consente di beneficiare dell’istituto della mobilità, ex art. 30 del D. Lgs. 165\2001 e art. 19 del C.C.N.L. integrativo in data 20\09\2001 e dell’art. 33 D. L.vo 165\01 in tema di eccedenze e mobilità collettiva.

Tali questioni non sono motivi nuovi di contestazione del licenziamento, ed in quanto tali, tardivamente dedotti ed inammissibili, ma preliminare, prima di giudicare, conoscere lo stato giuridico della persona e non necessitano di contradditorio.

Invero, per quanto la legge 165\2001 disciplini la mobilità quale istituto precipuo della PA, possibile quindi tra le amministrazioni Pubbliche, non sarebbe accettabile che la trasformazione delle IPAB in Aziende di servizi alla persona ( ASP) ovvero in persone giuridiche di diritto privato, ai sensi della L.R. 13\02\2003, pregiudichi la condizione giuridica del personale.

Innanzitutto, a far ritenere possibile l’applicazione estensiva della disciplina della mobilità anche alla Fondazione, vale la considerazione logica e storica che le IPAB, al momento dell’entrata in vigore del testo unico del pubblico impiego era senz’altro riconducibile al novero delle Pubbliche Amministrazioni menzionate dal d. lgs. 165 nel disciplinare la mobilità.

Inoltre è principio indefettibile che il personale transitato nel nuovo regime conservi le prerogative connesse con lo status di pubblico dipendente, tra le quali rientra certamente quella della mobilità.

Infatti, ai sensi del’art. 3 della Legge Regionale della Lombardia n. 13 del 2003, la trasformazione della IPAB in persone giuridiche di diritto privato senza scopo di lucro o in ASP, cosi come la fusione di IPAB di cui all’art.5, non costituiscono causa di risoluzione del rapporto di lavoro del personale che, alla data di adozione degli atti di trasformazione o di fusione, abbia in corso un rapporto di lavoro; eventuali contratti di lavoro a termine sono mantenuti fino alla scadenza. Il personale conserva la posizione giuridica, nonché i trattamenti economici fondamentali ed accessori in godimento, compreso l’anzianità maturata. La norma prevede, come è ovvio, un’ampia tutela dei lavoratori transitati, compresa la tutela della posizione giuridica e dello status.

2- VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI NORME  CONTRATTUALI

- Contrariamente a quanto affermato dalla difesa di CS, il CCNL ( art.21 CCNL 06\07\1995 ed art. 13 CCNL 05\10\2001 ) che si proceda alla risoluzione del rapporto, “corrispondendo al dipendente l’indennità sostitutiva del preavviso”.

Ma previo accettazione dello stesso. La sottoscritta, Lan, con lettera protocollata n.373 del 29\04\2008 di C S, comunicava alla stessa che ai sensi dell’art.12 comma 5 del contratto di lavoro 2004\2005 e dell’art.39 del contratto di lavoro 1994\1997 di rifiutare la monetizzazione del periodo di preavviso con le indennità sostitutive.

3-  VIOLAZIONE D.Lgs. 626\94, art.17, COMMA 3) IL GIUDIZIO ALLA MANSIONE

Qualora il medico competente, a seguito degli accertamenti di cui all'art. 16, comma 1, lettera b), esprima un giudizio sull'inidoneità parziale o temporanea o totale del lavoratore, ne informa per iscritto il datore di lavoro e il lavoratore.

Avverso il giudizio di cui al comma 3 è ammesso ricorso, entro 30 giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all'organo di vigila territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma o la modifica o la revoca del giudizio stesso.

Non esiste documento alcuno di C S attestante l’inabilità della Lan al lavoro. E la stessa dichiarazione o relazione di inidoneità alla mansione è stata fatta senza una preventiva visita, neppure le è stata comunicata per scritto, come prevede la legge per darle la possibilità di ricorrere allo SPISAL.

LA NORMATIVA:

“ se il lavoratore non è più idoneo ad esporsi ai rischi lavorativi il medico competente (Gatti) è tenuto ad informare per iscritto sia il datore di lavoro ed il lavoratore (D.Lgs. 626\94, art.17, COMMA 3) e avverso tale giudizio è ammesso il ricorso allo SPISAL.

L'accertamento dell'idoneità e di altre forme di inabilità, non dipendenti da cause di servizio, ai fini del cambio mansioni...” è effettuata (art.1 D.Lgs 165\2001) dalle commissioni Mediche di Verifica (DPR 461\2001)

I lavoratori soggetti a sorveglianza sanitaria in quanto esposti a rischi lavorativi, con insorgenza di patologia invalidante che non li rende più in grado di svolgere le mansioni lavorative assegnate la visita ed il giudizio di idoneità non sono attribuzioni del medico competente e va eseguita la procedura prevista dal D. Lgs 165\2001 e DPR 461\2001. "

Nei casi in cui il dipendente sia dichiarato permanentemente inidoneo a svolgere qualsiasi proficuo lavoro a seguito dell’espletamento delle procedure dirette ad accettarne le condizioni di salute, secondo quanto previsto dalla normativa vigente, è possibile procedere alla risoluzione del rapporto in corso, essendo l’idoneità psico-fisica del soggetto presupposto e requisito essenziale all'instaurazione e alla conservazione del rapporto di impiego pubblico.
Per il personale titolare del trattamento pensionistico INPDAP, l’avviamento delle procedure dirette all’accertamento delle condizioni di salute del dipendente compete al CNR su domanda dell’interessato. Il principio generale, proprio del ordinamento del pubblico impiego, “in forza del quale il personale inidoneo al servizio per ragioni di salute, prima di essere dispensato, deve essere posto nelle condizioni di continuare a prestare servizio nel assolvimento di compiti e funzioni compatibili con le sue condizioni di idoneità fisica; solo nel caso in cui non sia possibile tale utilizzazione, o per ragioni di carattere oggettivo o per scelta del interessato, ne è disposto il collocamento a riposo”. dispensa dal servizio per assoluta inidoneità fisica (art.129 del T.U. n.3/1957; art.2, comma 12° della L. 8.8.1995, n.335

Legge 8.8.1985, n.335 nel Regolamento recante modalità applicative delle disposizioni contenute nell'art.2, comma 12° della legge 8 agosto 1995, n.335 concernenti l'attribuzione della pensione di invalidità ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche iscritti a forma di previdenza esclusive dell'assicurazione generale obbligatoria (D.M. 8.5.1997, n. 187).
Dispone l'art.7 del citato regolamento che:
L'Amministrazione o l'ente, ricevuto l'esito degli accertamenti sanitari di cui all'articolo 6 attestante lo stato di inabilità assoluta e permanente a svolgere qualsiasi attività lavorativa, provvede alla risoluzione del rapporto di lavoro del dipendente ovvero agli adempimenti occorrenti se la risoluzione del rapporto di lavoro è già intervenuta.

Mi è stato impedito di richiedere di essere sottoposta a visita collegiale per l'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa ai sensi dell'art.2 comma 12° della L. 8.8.1995, n.335.

Nel caso di esternalizzazione di un servizio:

a- l'articolo 33 del CCNL del 1 settembre 1995 prevede accordi di mobilità tra aziende ed enti pubblici; l'articolo 19 CCNL integrativo del 20 settembre 2001 disciplina la mobilità tra aziende ed enti del suddetto comparto con altre amministrazioni o comparti diversi;

b- l'articolo 21 del CCNL integrativo 20 settembre 2001 consente il passaggio del personale in eccedenza ad altre amministrazioni. IL PERSONALE IN ESUBERO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE PUO ESSERE MESSO IN MOBILITA' PER DUE ANNI AL TERMINE DEI QUALI E' AUTOMATICAMENTE LICENZIATO SENZA LETTERA DI LICENZIAMENTO.

Nel caso di necessità del licenziamento di un dipendente, per ragioni economiche, la scelta deve essere fatta nel rispetto delle regole di correttezza e buona fede

Nell’accertare se il recesso sia legittimo il giudice deve tener conto di eventuali manifestazioni di ostilità verso il lavoratore (Cassazione Sezione Lavoro n. 11124 dell’11 giugno 2004, Pres. Sciarelli, Rel. Vigolo