Sembra uno dei tanti studenti arrivati
al mare sognando l’avventura. E’ solo. Non ha amici. Sdraiato sulla sabbia
dorata e sporca guarda ora il mare ora le donne. Vede lei, una donna sola. Se ne
sta seduta godendosi il sole; veste di una tunica azzurra stretta a vita da una
catenella dorata. Silvano l’ammira ansioso, le piace, vorrebbe tentare un
approccio, ma è un uomo timido. Anche lei ora lo guarda. Si fissano a lungo
negli occhi. Ora la donna si alza, se ne va. Silvano le osserva l’esile
figura, le gambe. Con quei sandali bianchi, stile romano, sembra veramente una
giovane donna dell’antica Roma, sembra una dea uscita dalle onde. Pensa.
Rimasto solo, mentre il sole inizia appena a scottare, spenta la radio, si
tuffa. Uscito dall’acqua si sdraia accarezzato dalla brezza che viene dal
mare. Non molto distanti delle coppie si baciano e si accarezzano innamorate. Di
nuovo Silvano sente fissi su di sé gli occhi di una donna. Si guarda intorno a
cercarla. Lei la dea sognata, non c’è. Vede una mamma giocare con i figli. Il
più piccolo, svincolandosi per correre verso il mare, le strappa il reggiseno
scoprendone i piccoli seni troppo bianchi, in un disastroso contrasto estetico
con la bellezza selvaggia del suo magro corpo abbronzato di donna. Silvano provò
una strana antipatia e non volle tentare con lei l’avventura sognata. Poco
distanti due ragazze in bikini osservavano divertite la scena. La giovane mamma
si ricoprì velocemente, imperturbabile. Il sole cominciava a volgere al
tramonto; la spiaggia divenne deserto. Spento la radio, la sola sua compagnia,
si tuffò di nuovo. Lasciò la spiaggia dopo essersi asciugato e rivestito. In
pensione, dopo una doccia calda, si recò in sala pranzo a cenare. Costava cara
la vita per uscire tutte le sere a mangiare da un’altra parte: i risparmi
accumulati lavorando il sabato sarebbero presto finiti. Silvano non ci volle
pensare: quando finiscono finiscono. Il bello delle vacanze è non preoccuparsi
troppo di nulla. Il divertimento non ha né ideali né pensieri, per questo è
divertimento. Uscito dalla pensione girovagò vagabondo per le strade. Degli
stranieri, con tipico accento americano, un negro tra loro, sentenziarono
ironici al suo passaggio: “ ecco un jppie italiano. Proseguirono canticchiando
per la loro strada. Entrò in un dancing, pagò, raggiunse la sala da ballo
accolto da luci e dalla musica a tutto volume. Convinse una ragazza, dopo alcuni
tentativi a vuoto, a ballare. Mentre la teneva stretta ricordò d’averla vista
in spiaggia: era una delle ragazze che avevano assistito divertite alla scena
del bambino che scappava per entrare in acqua. Sentito il corpo della ragazza
stringersi a strusciare contro il suo, chiuse gli occhi. Terminata la musica, la
ragazza lo lasciò. Vista, nella penombra, un’altra donna sola le si avvicinò
a convincerla.
-Vuoi ballare con me?
La donna si alzò, gli offrì il
braccio, si portarono al centro della sala.
-Mi chiamo Mirelle. Tu? Chiese.
-Silvano...sei francese? Rispose.
-Si, di Parigi. Continuò.
-Ti ho vista in spiaggia oggi.
-Anch’io ti ho visto; te ne stavi
solo ad abbronzarti. Non hai una ragazza?
-No.
-Mi hai guardata come nessuno mai mi ha
guardata. E’ per questo che ho accettato di ballare con te.
-Vestita con quella tunica azzurra eri
bellissima, splendida, sembravi una dea uscita dal mare.
-Come Venere. Fa caldo qui, usciamo?
Tenendosi per mano escono, si recano sulla spiaggia. In piedi, di fronte al mare
solitario, si attirano e si baciano intensamente. C’è silenzio, si ode lo
sciacquio lieve delle onde, un mormorio dolce come una ninna nanna, misterioso
come di una voce lontana che chiama. Si siedono a guardare il mare e nel mare la
luna che si specchia generando mille riflessi luminosi sulle lievi creste delle
onde.
Lei appoggiò la testa sulla spalla.
Lui le accarezzò i lunghi capelli neri, poi più ardito, giù a scoprire che la
donna non portava il reggiseno. Mirelle lo lasciò fare.
-Sei molto bella, le dice; potrei
innamorarmi di te, anche se non voglio.
-Non credi nell’amore?
-No, l’amore è un sentimento
variabile. Io credo nella donna, nella sua singolarità personale, non
nell’amore sentimento.
-Non sei mai stato innamorato?
-Stavo innamorandomi una volta, ma lei
se n’è andata. Se l’avesse voluto me ne sarei innamorato perdutamente,
seriamente. Ero stanco di essere solo e di vagabondare senza meta. Con lei avevo
già fatto progetti, le avevo detto i miei sogni. Non ha capito.
-Sei solo ora?
-Ora sono con te. Ma non temo la
solitudine, non più, ora so cosa voglio.
-Anch’io non ho nessun uomo. Si sta
bene qui. Lo interruppe.
Le loro bocche erano vicine; Silvano la
baciò ricambiato. La sua mano, fattasi più ardita, penetrò sotto la maglietta
ad accarezzarle i seni. Mirelle si lasciò spogliare, lo spogliò; entrambi nudi
si amarono sotto le stelle, in riva al mare.
-Non credevo fosse così bello fare
l’amore. Sussurrò Silvano.
-Sono felice. Rispose Mirelle. Vieni.
Corsero nudi a tuffarsi nel mare
notturno ed intimo a giocare. La mattina del giorno dopo, appena sorto il sole,
Silvano si recò in spiaggia al suo solito posto. Durante la notte insonne aveva
pensato a Mirelle. Addormentandosi, verso il mattino, in sogno aveva vista una
ragazza vestita come una dea uscire dal mare e camminare verso di lui. Ora,
disteso sulla sabbia, con gli occhi chiusi, pensava a lei; sperava venisse. Una
donna si sdraiò accanto a lui. Silvano aprì gli occhi, ma non era Mirelle. Con
coraggio insolito tentò un approccio.
La giovane donna sorrise, rispose di
chiamarsi Emanuela e di vivere a Treviso.
-Come mai sola? S’interessò.
-Sono con le amiche.
-Perché non sei con loro?
-Non mi piace la loro compagnia.
-Essere soli è triste. Posso rimanere
con te?
-Se vuoi...
E non seppero più che dirsi. Quel
silenzio, a Silvano, parve troppo pesante. Pensò a come continuare il discorso.
-Ti infastidisco? La ragazza non
rispose. Silvano insistette toccandole l’avambraccio, ricavandone una
sensazione nuova.
-No! Rispose la donna sottraendosi alla
carezza.
-Verresti con me in barca?
-Ho paura!
-Non sei mai andata in barca?
-Si, molte volte.
-Perché non vuoi? E’di me che hai
paura? Prometto che non ti molesterò.
-E’così come dici.
-Non ti fidi? Non avrò spero la faccia
di un drogato o di un assassino. Era quasi mezzogiorno. Emanuela lasciò cadere
la conversazione, si alzò e si recò dalle amiche. Silvano si sentì osservato;
pensò a Mirelle, spiò tra i bagnanti a cercarla. Notò la madre dai seni
troppo bianchi. Ripensando al giorno prima sorrise. Nel frattempo due nuove
donne, bionde, avevano occupato il posto lasciato libero da Emanuela. Da come
parlano sono tedesche, pensò.
Le spiò di nascosto. Non conosceva il
tedesco e non tentò neppure di conoscerle. Spenta la radio, acceso il
registratore, si sdraiò ad abbronzarsi.
Con sguardo nascosto guardava le due
donne che, spalmatosi a vicenda una profumata crema abbronzante, in topless si
erano sdraiate al sole.
Grazie all’incavo dell’addome,
Silvano scorse i peli biondi del monte di venere della ragazza sdraiata a lui più
vicina, si eccitò.
Le ragazze parlottavano tra loro e
ridevano. Pensando si fossero accorte del suo stato fisiologico, voltò la
schiena ai raggi cocenti del sole d’agosto.
Quella sera camminò a lungo per la via
principale della cittadina al mare, sperando di incontrare Mirelle. Incontrò
soltanto le due tedesche. Non le salutò neppure. Rientrò in pensione.
Il mattino dopo trovò al solito posto
le solite donne. Si levò la camicia bianca, ricamata con dei motivi floreali a
rilievo, i blue-jeans; si levò i sandali pure essi bianchi, accese una
sigaretta e si sdraiò al suono del registratore, occupando lo spazio libero tra
la madre dai seni bianchi e le ragazze tedesche.
La madre dai seni bianchi gli chiese di
farle riascoltare una canzone che le piaceva moltissimo, ascoltata poco prima.
L’accontentò, pensò ad una nuova avventura, si sentì incapace di continuare
il discorso. E non ne aveva neppure voglia. Guardò ora il cielo, ora il mare
pensando a Mirelle. Un biplano faceva pubblicità. Udì un grido, guardò: un
pallone aveva colpito la tedesca più giovane facendola spaventare. Un
giovanotto abbronzatissimo venne a scusarsi. Con gran sorpresa ed invidia di
Silvano cominciò a dialogare velocemente in tedesco. Altri giovani lo
raggiunsero. Un fotografo scattò delle foto. Lasciò loro uno scontrino per
l’eventuale ritiro. Presero anche appuntamento per la sera. E la sera calò
rapida. Silvano fu fortunato: nel suo vagabondaggio incontrò Mirelle. L’invitò
a cena, la portò al cinema stringendosi come innamorati di sempre. L’invitò
a salire in camera sua. Sapeva che il proprietario non lo permetteva, ma, poiché,
per un capriccio d’architetto la portineria era all’ultimo piano, si poteva
tentare. Attraversarono il bar. Il figlio del proprietario, che gli era amico,
gli strizzò l’occhio consegnandogli la chiave. Trascorsero i giorni.
Quell’angolo di spiaggia era sempre occupato dalle solite persone. Silvano era
sempre con Mirelle. Un pomeriggio che se ne stava solo, un giovane gli sedette
vicino.
-Belle donne! Sentenziò accennando
alle tedesche.
-Si, carine davvero... ma non parlo
tedesco.
-Neppure io. Hai da accendere? Continuò
offrendogli una sigaretta.
-L’ho perso tra la sabbia.
-Possiamo chiederlo loro. Rispose
indicando le tedesche. Le ho viste fumare.
Gesticolando si fecero comprendere.
Sorridenti le donne accesero loro le sigarette non senza essersene fatte offrire
una a testa. Rimasero in attesa che continuasse l’approccio. Silvano disse:
-Aspettano che gli si dica qualcosa.
-L’ho compreso, ma non mi va di
gesticolare per farmi capire.
-Anche a me non va. Per questo
preferisco le italiane. Pensò a Mirelle che era francese. Si guardò attorno,
ma non la vide. Sarà con le amiche pensò. L’altro interruppe i suoi
pensieri.
-Che lavoro fai? Studi?
-No, non più. Ora lavoro. Ho terminate
le scuole superiori, vorrei iscrivermi all’università. Sono abbastanza
indeciso; dicono che fra non molti anni la più parte dei disoccupati sarà
gente laureata.
-Fai bene a pensarci. Io sono laureato
in lettere e non ho ancora trovato un posto. Faccio il cameriere e mi godo tre
mesi di mare.
-Che mestiere!
-E’ interessante invece! Guadagni
bene, hai tanto tempo libero e conosci un’infinità di gente. Arrivò in
quell’istante il fotografo. Salutò le due ragazze tedesche con un cenno, si
sedette accanto a loro.
-Ciao Alberto, salutò il laureato.
-Antonio. Continuò tendendo la mano a
Silvano.
-Silvano.
-Racconta di ieri sera; com’è finita
con le tedesche? Chiese ad Alberto.
-Le abbiamo portate in spiaggia, erano
ubriache. Abbiamo flirtato, spogliate sotto la luna, non volevano fare
l’amore.
Poi dopo...Sembrano belle, ma la più
giovane ha un neo con peli neri proprio vicino al pube che mi ha inibito.
L’altra avrà un viso più brutto, però è un gran pezzo di donna.
Silvano lo lasciò terminare, raccontò
loro d’Emanuela. Riferì che aveva avuto paura ad uscire con lui e che per
questo era dovuto andare in bianco. Alberto sentenziò:
-Se ha avuto paura di te significa che
l’hai duro.
-Vado a dormire. Salutò Antonio.
-Vedi quella brunetta? Disse Alberto indicando a Silvano una ragazza di 15-16 anni.
-La vedo.
-Ha una voglia matta di fare l’amore,
è sempre circondata da uno sciame di ragazzini che non la lasciano mai sola e
non le fanno mai niente.
-Come lo sai? S’informò Silvano
curioso.
Alberto rispose che un suo amico le
aveva toccato il pube, standosene sotto acqua, lei lo aveva lasciato fare. Aveva
dovuto subito interrompere per l’arrivo dei soliti ragazzini. Silvano, nel
frattempo, la osservava, la valutava, progettava sul come avvicinarla per
invitarla ad uscire. Di nuovo calò la sera. Silvano salutò l’amico
fissandogli appuntamento per il giorno dopo. Si fermò, mentre rientrava in
pensione, ad acquistare l’accendino e le sigarette. In una strada deserta e
buia, lo fermò un uomo.
-Hai da accendere?
-Si! Rispose cercando l’accendino
appena acquistato. Mentre gli accendeva la sigaretta notò che le mani
dell’uomo tremavano, cercavano di toccare le sue per carezzarle, fingendo di
proteggere la fiamma dalla brezza marina. Capì che era un omosessuale, provò
un orribile ribrezzo, ma si controllò.
-Che fai tutto solo? Chiese.
-Sto rientrando in pensione.
-Faresti un giretto con me? Lo tentò.
Silvano non rispose; si allontanò
mormorando: “Tu sei matto!”
Era una serata cominciata male: durante
la cena gli fu consegnato un telegramma che gli comandava di tornare a casa
perché gli era arrivata la cartolina di chiamata alle armi.
Sentì il bisogno di rivedere Mirelle.
La vide che era ancora lontano che se ne stava a dondolare sulla veranda
dell’albergo. Lei gli fece un cenno come per dirgli: “Aspettami!”.
L’aspettò nell’ombra. Lei lo raggiunse, bella ed abbronzata dal sole. La
baciò, lei contraccambiò; camminarono abbracciati. In spiaggia si accucciarono
su uno sdraio ad ascoltare il mormorio del mare ed i canti, a guardare i
riflessi della luna, i falò lontani.
-Ho voglia di fare l’amore ora, qui
sulla spiaggia. Sbottò Mirelle.
-Anch’io. Sussurrò Silvano. Si
amarono lambiti dall’acqua che sapeva di sale.
-Mi dai il tuo indirizzo?
Le mie vacanze stanno per terminare; devo partire per il servizio
militare. La informò Silvano.
-Quando parti? S’informò Mirelle.
-Ancora una settimana.
-Restiamo insieme questa settimana?
-Lo desidero molto. Sei bella. Ti amo.
Rispose Silvano.
-Anch’io ti amo. Vissero insieme
l’ultima settimana di mare tutto il tempo loro possibile. Silvano non cercò
altre avventure. Camminarono tenendosi per mano lungo la spiaggia, si sedettero
sugli scogli a baciarsi, raccolsero conchiglie. Uscirono a cena, a ballare. Si
raccontarono la vita, si scambiarono carezze, si dissero i sogni, fecero dei
progetti. Dormirono insieme nella stessa camera, nello stesso letto, si amarono.
Stavano bene insieme. Il tempo, inesorabile, portò il giorno della partenza.
Nel salutarsi a Mirelle vennero le lacrime agli occhi. Confessò:
-Sono innamorata di te.
-Ti amo come mai non ho amato
nessun’altra. Dichiarò Silvano commosso.
-Ci rivedremo? Verrai a trovarmi a
Parigi? Mi scriverai?
-Te l’ho promesso! Sono innamorato di
te. Sono stato bene con te. Non ti voglio perdere.
-Anch’io non ti voglio perdere.
Scrivimi, telefonami ogni giorno.
Le porte del treno stavano per
chiudere. Un ultimo bacio, un ultimo abbraccio. Silvano salì sul treno che
iniziò a muoversi. Corse al finestrino per salutarla, l’accompagnò a
diventare sempre più piccola sino a svanire nella lontananza dello spazio.
Silvano è in anticipo. La corriera che
porta al paese non parte che fra tre ore. Non sa come trascorrerle. Eppure c’è
molta gente. Molti pensieri scorrono veloci nella testa: “Se una donna mi
chiedesse di tenerle compagnia per tutta una notte accetterei. Nella mente il
ricordo di Mirelle a tormentarlo. E’ inutile Silvano! Sembra dirgli. Ci sono
molte belle donne in stazione. Vanno, vengono, arrivano dal mare. Forse hanno
cercato l’avventura; forse non l’hanno trovata. Ma io non sono stata
un’avventura; io ho creduto, io credo nel tuo amore.
Due prostitute vestite di poco
attraversarono, chiassose, la sala dei biglietti, accompagnate dagli sguardi
indignati della gente per bene. Forse qualcuno scriverà persino su un giornale
a protestare. L’improvvisa apparizione offuscò il ricordo di Mirelle, gli
riportò più viva la voglia di fare l’amore. Mirelle era rimasta al mare. Era
la sua donna, voleva essere la sua donna. Erano stati bene insieme. Forse ora se
ne stava con un altro, ma che importava? Forse non l’avrebbe nemmeno più
cercata. Stanco della solitudine fra la folla della stazione, andò al bar.
Mentre sorseggiava la sua birra vide dei travestiti. Si ricordò d’averlo
detto a Mirelle che da piccolo aveva indossato così per provare i vestiti di
sua sorella. Ora lei non c’era, ora era solo; solo con il ricordo della sua
donna che gli parla, e che sarebbe potuto essere stato soltanto un’avventura
di qualche giorno o il grande amore. Ancora ascolta la voce di Mirelle come un
sogno che lo segue. Cammini solo ora, per le vie della città. Le donne vendute,
sempre più frequenti, ci ricordano le nostre voglie d’amore. Ti avvicini,
scacciandomi, invano. Non hai l’auto. Anche le donnacce ti rifiutano. Di nuovo
sei solo, solo sulla strada, dimentico del tempo. Non hai fretta. Cammini
pigramente. La corriera può anche partire. Ti piace camminare nella notte.
Senti la mia mancanza, la mancanza della tua Mirelle che ti amava innamorata in
riva al mare. Capiti per caso, lo so, in quella stretta via tanto nota. Sono
donne grasse e vecchie che promettono di più. Ma come possono reggere il
confronto con la tua donna? Non ascolti il mio richiamo e t’avvicini furtivo
ad una di quelle la più bella, la più degna di ricordarmi.
-Quanto? Le chiedi con voce roca, non
tua.
-Sono un uomo! Risponde.
-Sei matto?! Replichi allontanandoti
deciso ed irritato, deriso da quella voce maschile che ti ripete:
-Neppure tu hai il culo d’oro! Ed è
allora, mentre scappi, che incontri quell’adolescente che mi ricorda un poco.
E’ una ragazza diventata donna troppo in fretta. T’invita a salire le scale
che portano al mercato. Ti fa strada, mostrandoti le gambe sino alla loro
incollatura col bacino; tu pensi già di accarezzarle, di baciarle come si fa
con la donna innamorata, come facevi con la tua donna, con me, Mirelle. Siete
nudi nella camera da letto. La volevi spogliare tu, così come facevi con me,
lentamente accarezzando piano la pelle. Lei non vuole, tu non insisti. Dal
cassetto di un armadio a muro toglie un profilattico, ti riveste il sesso.
Chiedi di baciarle l’ombelico, i seni, il suo corpo di donna. E lei ti dice il
prezzo anticipato. Tu la comperi, ma non vuole essere toccata da te che sei il
mio uomo.
-Quando ne ho voglia vado dal mio
ragazzo.
E tu perché mi tradisci? Io ti aspetto! Nemmeno la donna perduta, la donna venduta può essere cosa tua. Ed è allora che, tu preso ciò che ti è avanzato dei risparmi, le dici che vuoi passare tutta la notte con lei. La corriera può anche partire, non è così importante. Forse è già partita. Lei acconsente a venderti una notte della sua vita. S’infila sotto le lenzuola ad aspettarti. Le chiedi il mio nome, ma Serena non è Mirelle. Giocate con l’amore. Lei si arrabbia che tu hai tolto il preservativo come faceva il suo uomo, come facevi tu con me, la tua donna. La baci, l’accarezzi, lei guarda lontano. Siete soli! Entrambi siete soli! Tu rimani solo, accanto a lei sola, che piange di nascosto. Quando si alza dal letto la segui. Ritornate a letto insieme, lavati della vergogna. Ha accettato d’essere Mirelle per una notte. Ora le luci sono spente, la senti singhiozzare. Solo allora pensi che non c’è stato nulla, che non ci sarà più nulla, che lei sarà come una cosa necessaria, vista, presa a noleggio, un nome, un ricordo forse, forse un rimorso scomodo. L’alba vi trova ancora insieme. Lei sorride triste invitandoti a bere il caffellatte fatto con le sue mani, ineffabile come sempre, evitando di guardarti negli occhi. Ha un ragazzo che l’aspetta, forse un figlio solo. Con i soldi tuoi e di altri potrà rifarsi una vita o suicidarsi. La osservi mentre guarda la strada. Il suo volto accenna ad un dolore nascosto. Ora anche tu te ne vai, ancora una volta solo. Lei pensa alle parole che le hai dette: “Non avrei mai lasciato che la mia donna si dovesse vendere, a costo di uccidere o rubare.” Ma anche tu non sei migliore; anche tu hai comperato un amore. Hai cercato quello squallido amore e come la tua donna hai voluto la donna venduta anche se solo per una notte. Ritorna mio uomo. Io non so nulla, non so di questa notte e non m’importa. Io sono la tua donna. Io Mirelle ti aspetto.