CAPITOLO XIV

Luciana dopo quella prima volta frequentava ogni volta sempre più assiduamente la sua casa. Luca si era affezionato a questa figura femminile e trascorreva molto tempo con lei.

Silvano la guardava giocare con suo figlio. Pensava che era necessaria una figura materna. Piano piano si abituò alla sua presenza, alla sua femminile invadenza. Gli ricordava la sua giovinezza spensierata, il suo primo amore, ma era sicuro di non volersi impegnare in una nuova storia. Non si sentiva ancora pronto.

Luciana, da parte sua, aveva ricominciato a vivere, aveva dimenticato il passato, non sentiva più neppure i dolori alla schiena.

Silvano aveva sempre più successo. I suoi quadri erano richiesti, soprattutto quelli di soggetto metafisico. Gli offrivano cifre da capogiro, ma si rifiutò sempre di venderli, gli appartenevano.

Gli furono anche fatte offerte per quadri su commissione, ma le rifiutò: non dipingeva a comando, ma seguendo gli impulsi della sua anima.

Su commissione eseguiva soltanto dei paesaggi, sempre inventati: i suoi fiori non esistevano in natura, neppure i colori del cielo e del mare. Per avere quelli, commentava, bastava una semplice fotografia. Il suo cielo, il suo mare, i suoi boschi, i prati, i torrenti ed i monti erano proprietà esclusiva dell’uomo, non appartenevano ad un creatore trascendente.

Questo era per lui il significato dell’arte: usare le forme ed i colori come parole per ricostruire un mondo nuovo, diverso, colorato, musicale nel quale valesse la pena di vivere.

Quando si assentava per le mostre affidava Luca a Luciana. La donna era ormai di casa e si comportava come madre e come moglie. Silvano la lasciava fare: Luca cresceva bene, era più pulito, aveva dei pasti più variegati e regolari, aveva iniziato ad andare a scuola; lui aveva più tempo per dipingere.

Di tanto in tanto, la sera, affidato il figlio alla sorella, portava Luciana a teatro. Altre volte la portava con sé alle mostre che si tenevano a Firenze, Venezia, Milano, Parigi ed in tante altre città. Facevano anche l’amore insieme.

Silvana si vestiva cercando di piacergli, gli preparava i pasti che sapeva essere i suoi preferiti. Alla sua maniera lo corteggiava cercando di conquistarlo.

Si ricordava degli anniversari, gli faceva delle sorprese, si occupava del suo guardaroba, lo teneva informato delle mostre e delle critiche che i giornali scrivevano.

Non appariva ed era sempre presente.

Silvano si sentiva lusingato ed osservava curioso il gioco della seduzione.

Si ribellò alla situazione che si era creata quando Luciana gli espresse il desiderio d’avere un figlio da lui.

-Che ti aspettavi da me? Chiese meravigliato di fronte alle lacrime di lei. Non ti ho mai promesso nulla.

-Credevo che mi amavi. Rispose singhiozzando.

-Questo non lo so. Ti voglio bene è vero. Ma non voglio un figlio da te. Non voglio essere legato ad un’altra donna.

-Che amore è il tuo? Sei un egoista. Ti fa comodo così...avermi senza impegno. Ma sono una persona umana anch’io. Non sono soltanto una serva buona anche a letto. Ho una mia dignità. Reagì offesa.

-Non credevo d’offenderti. Si scusò. Andava tutto così bene tra noi.

-Da domani non verrò più a casa tua. Se cambi idea sai dove cercarmi. Ho anch’io una casa e posso mantenermi benissimo da sola.

Uscì senza voltarsi. Indugiò un attimo davanti al cancello sperando forse di essere richiamata. Si avviò con passo lento, deciso lungo la strada che portava al paese.

Silvano restò immobile ad ascoltare i passi della donna che si allontanava, ascoltò l’aprirsi della porta. Continuò in silenzio ad ascoltare i passi sulla ghiaia. Si portò sull’uscio a guardarla aprire il cancello. Ebbe l’impulso di fermarla, di chiamarla.

Provò desiderio che si fermasse, che si voltasse indietro, che ritornasse a parlargli, ma Luciana non lo fece.

Non la vide mai più.

Lo risvegliò dallo stato soporoso, Luca, prendendogli la mano.

-Che hai papà? Dove se ne sta andando Luciana?

FINE

Il Clown