critica
incontro
rita anna c.
Dinamicità ribelle e, nel contempo, stasi di pensiero sono le caratteristiche pregnanti di queste poesie d’amore. In taluni passi ricorda G. Dannunzio, c’è la stessa suggestione di ambiente e idea che si avviluppano in un’unica essenziale presenza di vita e di morte, ma non solo.
Le tematiche poetiche dei testi ci portano fuori da ogni parametro di contesto formale e linguistico, risultando difficilmente etichettabile. E’ il processo romantico, sentimentale, dolce e sognatore, ma anche violento, drammatico e spregiudicato, di seduzione ed amore, un amore proibito, adultero ma allo stesso tempo pulito, alla ricerca della sua possibilità di vita: una storia di amori e ripensamenti, di dubbi ed emotività interiori, scaturito dall’intuizione del poeta, del dolore letto negli occhi di una donna, una sera.
Le regole civili e divine vengono subissate da quelle umane, carnali, dal desiderio di amare che è eterno in ogni uomo ed in ogni legge dell’universo. C’è una ricerca spasmodica di libera diversità in una superfetazione di immagini e presenze. Il quadro poetico è di una eleganza e di una affermazione tragica e docilmente serena nelle gioiosità spaziali, incuneati nei meandri grigi del divieto che farebbero di questo sconosciuto autore degno d'essere accostato ai nostri maggiori poeti del 900.
Sguardo disilluso verso gli orizzonti illibati e fecondi di universi possibili e sconosciuti, sullo scenario di una tenue malinconia volta alle rimembranze di ataviche colpe. Tutto scorre sullo sfondo di un impetuoso gioco di crudezza esistenziale, c’è l’ambiguità, voluta e passionale, di una forte scarica umana, fatta di oscura e puntigliosa sofferenza per le barriere morali e sociali esistenti.
All’uomo si parla dell’uomo. Dove non c’è uguaglianza c’è pregiudizio. Giusto ed ingiusto: è la scelta del si e del no, della vita e dell’accomodamento. Ne viene fuori la realtà di uomini che ancora lottano, come sparvieri notturni lanciati alle luminose conquiste di spazi solari.
A Dio si parla di Dio. Si chiede al Supremo di rispondere dell’esigenza di un eterno vivere degli istanti felici e dolorosi della vita. Gli si chiede della libertà.
C’è l’idea del vivere. Il desiderio del vivere. L’urlare del vivere: dominio impalpabile di pretesa normalità alla stregua di una più reale testimonianza di durezza e di difficile libertà epocale.
Spiccano flash di levità verginali scorsi sul rigo di una ribellione e di una bellica ricerca di spazio da cui sempre fuoriesce, per un destino immutato, l’umano, con parole dense di malinconia per l’idea antica di una storia perduta, quasi un ritocco inconsulto alla logica della civiltà e della religione.
L’immagine di uomini come cammellieri in eterno, divino, splendido polverio.
Da donna amerei, vorrei essere amata, peccherei d’adulterio per un amore così. Ma esistono?
@ rita anna c.
arturo
Già da tempo leggo e seguo periodicamente i tuoi scritti che denotano un notevole impegno e "passione" non solo letteraria. Artisticamente vi sono sia nel campo della poesia che della pittura opere interessanti e, soprattutto, fuori di quella bassa retorica della convenzionalità auto-narcisistica che, nella sua presunta conformazione o stereotipata contestazione, (ma con gli stessi mezzi) avvilisce la letteratura e l'arte in genere, trasformandola in un diversivo (un imitazione dell'imitazione) o peggio ancora nell' alibi per vendere o promuovere cose che di per sé sono la negazione di ogni evoluzione sociale e culturale. C'è anche nelle tue pagine un'idea di "unitarietà dell' arte" che è molto importante, soprattutto in un epoca di specializzazioni che sono il contro-altare di forzate globalizzazioni.
Certo tra pagine che, come ho detto presentano spunti notevoli di riflessione e creatività, ho trovato, soprattutto un po' di tempo fa "un 'atmosfera" a volte un po' forzata di "provocazione", una sorta di vittimismo quasi "pubblicitario", che temo, (ma qui siamo ovviamente nel campo dell'opinione personalissima) possa "mascherare" i messaggi profondi delle tue pagine rendendoli in un certo senso troppo espliciti e ideologicizzati e sminuire la tua figura di artista, persino a volte, favorendo, tuo malgrado, un' interpretazione limitante e limitativa...Non so se riesco a spiegarmi bene....non vorrei essere frainteso...(lo sono già da troppi) giustamente l'arte non solo può, ma anche necessita, essere movimento di coscienza e di riflessione, e impegno ..semplicemente penso che l'opera parli da sé attraverso la sua poetica ed i suoi contenuti (al di là che siano o no condivisi). A volte penso dovresti fidarti di più delle tue creazioni e non "difenderle" o promuoverle più di tanto...penso che in questi giorni la gente sia già fin troppo "brutalizzata" da slogan, parole che mascherano il nulla o cose peggiori...(sanguinarie velleità di violenza e potere). Perché, quando ci sono contenuti non pensare che possano svilupparsi, che non ci sia chi è capace di trovarli e coltivarli? (Non credo infatti sia una questione numerica, anche per i lettori, ma di intensità e soprattutto non passività e bieco conformismo). In questo senso l'esplicitazione...rischia di divenire un qualsiasi teorema politico o ideologico, a volte limitante, quasi precostituito, che rende didascalica l'artisticità (essa da sé è impegno ) rischiando di impoverirla (soprattutto per i passivi fruitori) di contenuti e (forse) favorendo l'alibi di chi, per pregiudizio ideologico, si ferma alla superficie della catalogazione e dell'identificazione partitica (o di genere e di settore) che nell' arte è una vera iattura...
Proprio perché l'arte e la letteratura in particolare credo non siano il divano della coscienza, il digestivo dopo le scorpacciate egoistiche e consumistiche in società o le umiliazioni lavorative ma...il punto di partenza per lo sviluppo della propria persona (responsabilità individuale) e il successivo incontro-confronto con gli altri...senza protezioni di nessun genere, ma con il proprio bagaglio di esperienze positive e negative non solo vissute, ma anche lette, scritte e raccontate. Se un opera è bella (ovviamente relativamente a qualcuno) parla da sé, se non lo è credo che nulla la possa giustificare se non l'impellente necessità di ognuno di esprimersi e l'indispensabile tolleranza, anche critica, che comunque deve avere un lettore.
Complimenti e Auguri.
Un saluto.
@a…17/10/2002
arturo
Dopo una prima lettura nel sito, sto rileggendo off- line i tuoi versi. (E riflettendo sui pensieri, anche contrastanti, che generano).
L'ambigua intensità, poco sfiorata, in verità, dalla retorica, è una voce di disperazione e ribellione allo stesso tempo, una ricerca nelle profondità "infernali" del proprio io, anelito verso l'assoluto, Paradossalmente l' Assoluto che si rifiuta (o che ci ha rifiutati) o che ci sembra negato dagli eventi. Questi contrasti sono, in molte poesie del "lutto", la scintilla fra i poli della materia e del pensiero, dove, in immensi abissi di vuoto e di oscurità, brancola l'umanità stessa e gli stessi mondi materiali a cui apparteniamo.
Non blasfema, ma illuminante, in questa solitudine, è la "ribellione" al Dio sentito assente, lontano, che assume la "materiale" ed umana forma di una invocazione- evocazione, dove ( è questo è un profondo mistero dei versi ) la stessa divinità quasi risponde dall'interno (non è forse anche e soprattutto in chi la pensa? Come potrebbe farlo, se no?).
La condizione umana, la società la storia, noi, gli eventi, il tempo...tuttavia sono (e riportano) il raggelante silenzio della voce persa, non espressa, non udita, non compresa forse o sognata, pensata, fuggita, creduta, temuta... ma la poesia, qui e ora la Tua è il più coraggioso, pericoloso, inquietante tentativo che si possa fare...quasi disumano, "sfacciato", perché "troppo umano", andando OLTRE se stesso, quell' io troppo individuale e individualizzato che è, nello stesso tempo, limite e carattere, fierezza e miseria...
Che dire…in mezzo a tanto pattume sentimental poetico che purtroppo vedo in giro, mi consola che si possa ancora scrivere così...Di per sé è un segno della continuità dello Spirito e che il silenzio non è poi così assoluto...(se è illusione o mia follia ben venga, se il resto è peggio).
@ Arturo Ferrara Viotti 05/12/2002
@rocco
Lontano dal palcoscenico che conta, schivo e sconosciuto questo poeta, degno d'apparire nei migliori di questo secolo, svolge i temi della solitudine dell'essere nella società di oggi, ma anche nella società umana d'ogni tempo, nella visione dell'universo materiale che fugge verso la sua fine fisica...ricerca metafisica alla ricerca di una verità che già si conosce, ma che si rifiuta...il clown, il ribelle.
Nelle varie raccolte si sviluppano sequenze sullo schermo della vita delle esperienze sofferte e vissute, del rapporto umano, delle regole, delle guerre dei nostri giorni e di sempre.
Parole e pensieri, scene della memoria...tutto si inserisce nella tragedia disincantata raccontata dal poeta usando la logica amorosa come scienza d'indagine. Tentativo inedito, valido...distrutto dall'utilitarismo del potere, dall'arida scienza dell'evasione e del divertimento controllato...peccato sia sconosciuto!
Che domandiamo noi agli artisti? Che ci aiutino scoprire i lati nascosti della vita, che ci aiuti a ricordare o a dimenticare...che ci apra una finestra sulla verità del vivere, che ci dia un sorriso, una speranza o la botta definitiva. E questo clown...questo ci offre, col suo messaggio così poetico, nitido, incontaminato, umano ed inumano allo steso tempo. Rivolta e speranza.
Difficile, umanamente difficile, ma comprensibile ed accettabile il peccato, se la donna cui sono dedicate, se dedicate, accetta d'amare in questo modo.
@rocco 01/12/2002
@ginette
Una medesima nostalgia unisce lettori e scrittori...un unico pensiero che diviene immaginazione e percorre i sentieri che conducono all'anima.
Anima che come Eros accoglie e da forma alle immagini ed incrementa il commercio...ma qui, in queste poesie le immagini sono poche, qui domina il logos.
Tutti considerano la sessualità come uno dei maggiori piaceri della vita, ma questo autore la vive come esperienza di unione profonda, come percorso iniziatico, metafisico di conoscenza.
Così ci conduce verso mondi di ribellioni nel quale i bisogni e le risorse umane diventano inumane nella loro proibizione d'uso.
Sessualità iniziata a stati d'esperienza totalizzanti pur di fronte alla morte; esperienza della bellezza dell'amor sessuale che porta all'estasi pur nella colpa. Lontano tanto dalla sessualità come avventura erotica tanto dalla sessualità dominata dal senso religioso della colpa e del peccato. Ricerca di una rinascita e di vita. Una rivolta.
@ginette
questa è arte
Una poesia eccellente e pregevole per concetto, inedite strutture ed efficacia...un'ansia disperata di ricerca e di smarrimento di fronte ai compiti della vita, alle necessità di scelta imposte dalla società, dall'uomo, da Dio.
Ricerca, ma innanzitutto ribellione. Una poesia a volte d'istinto, a volte ricercata, schietta ed armoniosa, con bagliori, voli, impennate e cadute. Un ritmo nuovo.
Il pessimismo che la adombra, per le fratture della vita tra ideali e crude realtà, è il pathos positivo che lo muove e che abbraccia tutte le creature d'ogni tempo.
Sentimento schietto, arte accurata, temperamento, amore per la verità. Testimonianza di un nobile sentire di un poeta che vive la tragedia del peccatore e dell'uomo di fronte alle leggi ed ai benpensanti.
Contemplazione della vita non fine a se stessa, ma alla ricerca della qualità del vivere anche contro Dio.
C'è in questo poeta la profondità di pensieri e filosofie inedite di pensieri ancora aperti ai problemi della vita.
L'espressione di pensiero senza inutili immagini avvince e convince, animando con vero spirito creativo e poetico le parole ed i pensieri.
E' un canto di sete di libertà, invocazione d'amore, di verità, di eterno. Vera arte.
@s 11/12/2002