RECLUTAMENTO SCHIAVI

vergini di allah

- La squadra addetta passa anche questa mattina, come tutte le altre mattine a fare la raccolta di disperati, così come avviene per i rifiuti.

Hanno l'incarico di organizzarci. Sono i capi e questa è la loro occupazione preferita, selezionare.

- Abbiamo in testa supermercati, tv, progetti per l'avvenire, racconti degli avvenimenti del passato. Assisto emozionata alla chiamata. Ma non c'è presente, non per tutti. Per noi che sopravviviamo questo è il significato della lettura: la liberazione. Da che cosa, da chi? perché?

- Molti sono ancora quelli che camminano da tempo vagando, ridotti a larve umane ricoperte di poco. Nessuno li ha mai scelti prima.

- Avevo chiesto asilo politico. Avevo spedito all'ambasciata il mio curriculum.

- Noi, dal curriculum vitae europeo cucito sulla pelle da noi stessi ( vi abbiamo indicato nazionalità, numero di matricola) siamo più fortunati. Eppure so... siamo già stati tutti condannati, comandati da delinquenti, rapinatori, assassini chiamati dirigenti.

Hanno il preciso compito di toglierci ogni residua speranza... poiché la loro carriera ed i loro privilegi dipendono dalla loro capacità di svolgere il loro mandato: toglierci la personalità in breve tempo.

Mi sto convincendo che tutto è relativo, che i campi di sterminio nazisti non erano che un purgatorio a confronto.

I pochissimi che appaiono, descrivono la loro vita concludendola con ombre cupe. La fame d'esistere spinge a lottare feroci. Ci fanno girare in continuazione. Ci gracchia, la radio, dettagliate notizie di nulla.

- Senti. Leggono i nostri nomi, uno ad uno. - Aspettiamo il nostro turno. Alcuni sono già morti per darci un lavoro.

- Trascorrono  pigre le ore, sempre uguali. Attesa angosciosa, tu amica mia sei la mia sola compagnia.

- Tu in quale ramo sei esperta?

- Sai qualcosa del tuo fidanzato? Sai dov'è?

- Era solo ieri che mi parlava. Oggi è introvabile.

- Forse l'hanno preso.

- O è già morto.

- Hai sentito? Hanno detto il tuo nome. Ti hanno chiamata... Ti danno un lavoro. Non sembra uno dei peggiori. Ma che fai? piangi?

- Non capisci? Mi hanno chiamata... posso vivere... si, vivere.

- Sei stata fortunata amica mia. Lascia che ti abbracci.

- Non piangere. Poi toccherà anche a te. Non andar via. Resta con me.

- Il giorno è terminato. Non mi hanno scelta. Impossibile sopravvivere a processi del genere.

- Avevo 15 anni quando ti ho conosciuta al liceo di educazione, anticamera dello sterminio che ci attendeva alla fine. Ricordo che eri allegra, simpatica, solare, piena di vita.

- Cominciammo insieme, ed insieme subimmo il percorso di specializzazione spersonalizzante, consapevoli di giocarci la vita. Insieme faticammo duramente sui libri ed infine completammo la nostra esperienza nell'attesa. Ora tu sei stata prescelta.

- Io, la prescelta.

- Sapevamo poco, pochissimo di quanto ci attendeva, ma quel poco bastava a farci capire che tanto valeva continuare. Ed ora, dopo venti anni di quella esperienza, siamo poco più che uno sguardo scritto. Li ho visti , li vedo i miei compagni d'avventura: fisici invecchiati,  spiriti depressi, cervelli annebbiati, l'umiliazione di dover assistere impotenti alla nostra esecuzione, alla distribuzione del lavoro, alla vestizione alla moda o al carcere, per mantenerci nel terrore e nella speranza, nel ridurci alla più completa obbedienza.

 La mia amica... lei non l'hanno scelta. Si sarà salvata? Sarà ancora viva?

I capi se ne stanno seduti, si distinguono dai vestiti.

Alcuni escono, si fanno largo, gli sguardi ed i gesti implorano, per farsi notare tra i troppi che vogliono essere chiamati.

Costituiscono la popolazione disoccupata ancor viva. Forniscono la ragion d'essere di questa economia.

Altri non ci stanno. Si vestiranno di dinamite, dipende dalla preda, di ciò che rimane dopo la rapina.

Inutile guardare, occorre calpestare i compagni di vita.

La folla ci cammina sopra.

Non tutti vedono o, forse, neppure si preoccupano di scavalcare o calpestare vive persone. Si, sono persone per bene, in carne quelle che calpestano.

In confronto ai calpestati noi siamo ricchi da scoppiare.

Le persone in attesa del primo lavoro sono ben preparate ed oliate. Ridono, non guardano, telefonino alla mano, aspettano.

Io sono stata chiamata. Io sono libera... libera, una parola forse priva di significati.

Ogni possibilità di lotta è stata definitivamente accantonata? Lavorate senza guardare, lavorate senza pensare.

E' uno status quo questa società.

Questa esperienza scava nella persona e fa capire che è importante dire agli altri quello che non sanno come stanno le cose. L'inadeguatezza del sentire è la peggiore delle realtà.

I sentimenti sono inceppati e poiché vige questa regola infernale il mostruoso ha avuto via libera. Com'è potuto accadere?  Com'è che ancora accade?

Si, è vero, è difficile immaginare che una società estremamente progredita e civile non sappia capire, che faccia  ed abbia fatto germogliare il mostro che detiene le persone nella condizione, con tecnica distruttiva ed efferata, tanto da indurle a disperare persino di ogni ideale, confinandoli nell'utopia.

Ma io sono stata meritatamente prescelta nella probabilità.  Sono una interprete.

 

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