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Per
logica assoluta intendo l’astrazione pura, il pensiero che sta al di là
della contingenza e scopre la sua potenza...potenza che arriva a dare la
definizione dell’infinito ontologico.
Infinito
ed eterno non hanno lo stesso significato: l’infinito è la possibilità
della logica, la capacità del pensiero di comprendere Dio.
Ogni
unità è un infinito, ma questo non significa che sia anche eterna.
Soltanto nel suo essere accaduta è eterna.
La sola possibilità di essere eterni è l’infinito ontologico. Cioè l’identità che crea se stessa e che non deve essere in dialettica per essere.
La
distinzione tra logica assoluta e logica relativa non è la semplice
distinzione tra fisica e metafisica, ma la distinzione tra la logica
necessaria per l’analisi
dell’immanente
e la logica necessaria per analizzare il trascendente.
Non
tutti i termini della logica relativa, una volta assolutizzati, possono
essere usati nella logica assoluta.
Ad
esempio: i numeri infiniti pari che contengono al loro interno i numeri
dispari infiniti, l’infinito
delle due rette parallele…
dimostrano la potenza della mente e confermano il principio di identità
e niente altro.
Nella
logica assoluta non possono coesistere due infiniti ontologici, soltanto
nella logica del possibile possono coesistere, ma è dimostrata anche la
non realtà usando appunto la logica assoluta.
La
logica stessa decreta una definizione esatta di Dio: l’infinito,
assoluto, eterno, logico, ontologico.
La
dialettica è una forma di conoscenza necessaria per chi non è dio, per
chi, cioè, non ha un potere ontologico.
Lo
spazio-tempo, che è la proprietà unica della materia (un eterno non
avrebbe potuto creare dal nulla un altro eterno; un eterno dal nulla
crea per necessità lo spazio-tempo) esige da parte di chi non lo ha
creato un approccio di conoscenza dialettico.
Come
fa Dio a creare dal nulla nel tempo? Se dio è eterno anche l’atto
creatore lo è…tutte
queste sono pseudo-problemi: Dio crea il tempo, non nel tempo.
Tutta
la difficoltà della filosofia è consistita nell’unificare
l’essere
al divenire e viceversa, ma tutto depone invece in favore della conferma
della realtà che l’uomo
non è Dio, non è creatore e che tutto l’immanente
è stato creato dal nulla da parte di un trascendente.
Non
ha senso parlare di irrazionale: tutto quanto immanente all’uomo,
prima o dopo verrà conosciuto.
Non
ha senso parlare di un universo mitico e divino che ha come significato
di esistenza la sua autocoscienza e auto-conoscenza.
Non
ha senso parlare di tanti io che verranno affogati nella conoscenza
universale o nel nirvana.
Ogni
io è una identità personale unica ed assoluta, con la sua storia
spazio-temporale (e qui si innesta tutta la filosofia della ricerca del
valore, esistenzialismo…).
Questo,
ad esempio, è dimostrato dal fatto che ogni unità è un assoluto:
quando termina il numero uno ed inizia il numero due? Tra i due c’è
di nuovo l’infinito.
L’infinito
quindi assume un altro valore, diverso da quello usato sino ad ora e che
si legge in un qualsiasi vocabolario: l’infinito
è un assoluto, è il principio stesso di identità e non
contraddizione, da una parte; dall’altra
è una facoltà critica della logica della mente.
Questo
dimostra la potenza della mente umana con l’uso
delle sue facoltà logiche capace di comprendere sia Dio sia l’infinito.
Evolvere,
a scanso di equivoci, esige una propria identità personale, una propria
storia, un proprio valore. La filosofia esistenzialista e l’ecclesiaste,
libro dell’antico testamento lo insegnano.
Per
quanto riguarda il discorso morale io lo separo dall’etica. La morale,
ossia la decisione di decidere ciò che è bene e ciò che è male
appartiene soltanto a Dio. L’etica invece sono le leggi civili di
convivenza. E’ etico abortire, ma non è morale.
La
morale oltretutto deve essere universale ed immutabile. Non sarebbe un
dio quello che cambia idea al levare del sole.
Per
quanto riguarda la libertà io sostengo di non essere libero in assoluto
perché la libertà assoluta esige di possedere la facoltà creatrice,
cioè solo dio è libero in assoluto.
Per
quanto riguarda il peccato originale faccio fatica a comprenderlo in
quanto io credo che la responsabilità è comunque personale e non mi
deriva da Adamo ed Eva.
Se
per peccato si intende di non essere dio sono d’accordo, ma in questo
caso difficile capirne la colpa originale nel senso che ci è stato
insegnato.
Cogito
ergo sum di Cartesio. Penso quindi sono. Questo è il solo modo di
essere di cui non si può dubitare. Anche se dubitassi di pensare il
dubbio sarebbe comunque un pensiero. Chi sia poi la persona o l’essere
che sta dietro al pensiero è tutto da scoprire, se sia vero
quello che penso è da provare. Sicuramente è di certo un io
autoco-sciente, solitario, unico e personale che rimane sempre sé
stesso, fautore del pensiero e del dubbio, anche di fronte al divenire e
al caos che lo circonda: l’io
non si perde in nessun brodo primordiale, in nessun caos, rimane sempre
se stesso pur cambiando la sua storia, il suo universo.
Io
sono io e non sono nessun altro. E’il
principio di identità, la base della stessa logica. Il numero uno
matematico, senza questo principio non avrebbe inizio nessuna
conoscenza. Cui segue il principio di non contraddizione: se io sono io
non posso essere un altro. E questo secondo principio è quello che più
è stato ignorato, a mio avviso, nella costruzione o scoperta
della logica.
Quando
la matematica lo dimentica il due racchiude l’uno.
Ma l’uno
non può stare nell’uno
e nel due contemporaneamente.
La
logica non possiede che un solo limite: non essere ontologica e cioè
creatrice.
La
logica anselmiana affermava che la perfezione di Dio è la prova stessa
del suo esistere. Io invece affermo che è la potenza del pensiero
logico assoluto di ideare e dare una definizione perfetta dell’essere
Dio che ne conferma la sua esistenza
L’esempio
delle rette parallele non era un esempio a caso. Nella logica relativa
esiste il concetto, ed è vero, della coesistenza di due infiniti. Ma
quando dalla teoria si passa all’essere
la logica cambia.
Per
definizione filosofica l’essere
è un assoluto in tutte le sue proprietà tra le quali anche la proprietà
di essere infinito. Due infiniti reali annullano l’assoluto
dell’essere,
la logica matematica invece li afferma.
Poiché
ogni essere nella sua identità è un assoluto si conferma la possibilità
di avere una infinità di infinite parallele.
L’essere
assoluto, Dio per essere chiari, non può essere limitato da nessun
altro infinito reale. Di qui la necessità di un atto creatore dal nulla
della sostanza materiale, sostanza che è per necessità logica diversa
dalla sostanza divina; solo per questo motivo è possibile per la logica
relativa ammettere l’esistenza
di due o più parallele infinite. Per questa logica l’uomo
è finito.
Dio
infinito, creando dal nulla, crea una sostanza che noi chiamiamo
infinita, ma che in realtà infinità non è, ma è solo un assoluto
inteso come identità, uno infinito nel suo essere finito. L’infinito
non appartiene quindi alla logica relativa se non come potenza logica,
gli è vietato invece l’infinito
ontologico. In altre parole: l’uomo
non è Dio, secondo la definizione filosofica di di Dio, né può
esserlo.
Si
può comprendere percorrendo questa logica come sia possibile costruire
una logica assoluta la cui verità è data dal fatto di essere
perfettamente logica e di soddisfare a pieno la definizione filosofica
di Dio. Oso affermare che la logica assoluta è ancor più perfetta
della logica matematica in quanto capace di spiegare e risolvere gli
stessi paradossi della matematica che pretende di essere lei una logica
assoluta e di spiegare il relativo come se il relativo fosse un
assoluto. Come spiegavo negli interventi precedenti, la logica
matematica non è una logica assoluta, ma ha in sé entrambe le logiche:
assoluta e relativa e non può pretendere di spiegare l’universo
e Dio allo stesso tempo. Scusami la difficoltà di espressione, sono
pensieri scritti nei miei diari di trent’anni
fa e che riporto a memoria.
@clown